Luigi Zanda, senatore di lungo corso del Pd, analizza le dinamiche interne al rapporto con i Cinque Stelle e spiega che «c’è da riflettere molto su come si sta in un’alleanza di governo, cioè costruendo sempre per tenere unite le forze che compongono il governo, mai per dividere». La sua idea di campo largo è chiara: «serve una medesima opinione sulla politica estera, una medesima sensibilità sui temi sociali, una linea condivisa sulla politica industriale e sullo sviluppo economico dell’Italia e un’identica posizione rispetto al tema dei grandi diritti sui quali l’Italia è in grave ritardo e sui quali dobbiamo assolutamente legiferare a partire da questo ultimo anno di legislatura».

Senatore Zanda, è d’accordo con Dario Franceschini secondo il quale se il Movimento 5 Stelle esce dal governo Draghi dice addio all’alleanza con il Pd?

Penso che Enrico Letta abbia tracciato una linea netta quando ha detto che per il Partito democratico questo è l’ultimo governo della legislatura. Poi chiaramente spetterà al presidente della Repubblica decidere di eventuali crisi ma l’indirizzo del partito è molto chiaro e lo condivido. Così come condivido la posizione di Franceschini. Si resta alleati perché si ha una linea comune, se la linea comune viene meno cessano le fondamenta dell’alleanza. La linea del Pd è che il governo Draghi debba arrivare alla fine della legislatura e debba farlo con l’attuale maggioranza.

Eppure le divergenze tra M5S e maggioranza di governo sono evidenti. Teme si possa arrivare a una rottura definitiva?

Nel merito dei problemi credo che non ci sia nessun allarme rosso e che sia possibile trovare una soluzione su tutte le questioni in campo. Il mio pensiero è che non esistano ragioni politiche per assumere decisioni diverse da quelle della maggioranza. Se vuole una mia previsione, credo che la conversazione tra Draghi e Conte produrrà una permanenza dei Cinque Stelle nell’alleanza di governo.

In molti nella base grillina invocano l’addio al governo Draghi, mai davvero digerito. A quale oracolo dovrebbe affidarsi Conte per decidere il da farsi?

Penso che il Movimento 5 Stelle sia tuttora un partito giovane. E penso che soffra perché l’alleanza ampia del governo Draghi oggettivamente rende obbligatori molti compromessi. Ma credo anche che ci sia da riflettere molto su come si sta in un’alleanza di governo. Cioè costruendo sempre per tenere unite le forze che compongono il governo, mai per dividere. Bisogna imparare a tenere insieme la propria posizione, cioè quella del proprio partito, con le esigenze del paese e con la coabitazione con altri partiti. Su questo abbiamo tutti da imparare e han- no certamente da imparare i Cinque Stelle.

Può diventare il Pd il perno di un’alleanza ampia, in grado di contrastare il centrodestra alle prossime Politiche?

È molto difficile fare previsioni, visto che ancora non possiamo nemmeno essere certi della legge elettorale con cui andremo a votare. Ma c’è una tendenza messa già in evidenza dalle Amministrative e che viene confermata e consolidata dalla guerra, dal covid che non passa, dall’inflazione e anche dal fatto che la rappresentanza parlamentare è molto modificata dalla riduzione dei parlamentari. Cioè la tendenza alla polarizzazione del voto che avvantaggerà sia il Pd che Fd’I. Credo che entrambi alle prossime elezioni sfioreranno e forse supereranno il 25 per cento.

Se così fosse, il Pd potrebbe fare da aggregatore anche per i partiti più piccoli di centro?

Come detto, non faccio previsioni sugli altri partiti. Anche perché molti di questi alle Amministrative si sono presentati soltanto in una parte dei comuni, cioè laddove pensavano che avrebbero avuto maggior successo. Le Politiche sono invece un test nazionale. Pd e Fd’I alle Comunali si sono presentate ovunque e quindi per loro il test è più valido. Detto questo, penso che l’Italia dovrebbe tendere al confronto tra due schieramenti, uno di centrosinistra e uno di centrodestra, e per dare stabilità è molto importante che in entrambi ci sia un partito forte. Lo schieramento di centrosinistra è utile all’Italia se al suo interno c’è un Pd forte. Che poi chiaramente deve essere accompagnato dal contributo di altri partiti che lo aiutino, lo integrino e lo correggano.

Quindi anche da quei partiti, come Azione, che vorrebbe allontanare dal governo il bipopulismo di Lega e Fd’I da una parte del Movimento dall’altra…

Penso che il centro abbia senso soltanto se si schiera. L’Italia finora ha sempre conosciuto centrosinistra e centrodestra. Un centro che non sceglie tra destra e sinistra e che aspetta l’esito delle elezioni per andare con l’uno o con l’altro o fare l’ago della bilancia non è un centro politico. È solo tattica. Pensi che persino De Gasperi che stava in mezzo tra il Movimento sociale e il Partito comunista e il partito socialista, anche quando ha avuto la maggioranza assoluta diceva che la Dc era un partito di centro che guardava a sinistra. Cioè la schierava.

Erano altri tempi senatore…

Certamente, ma per rimanere all’esempio di De Gasperi, non sarebbe stato possibile governare l’Italia se le coalizioni che l’hanno governata per cinquant’anni non fossero state rette da un partito molto più forte degli altri elettoralmente. Così come non sarebbe stato possibile governare senza partiti minori che aiutassero a stabilizzare la politica. Oggi viviamo in un contesto molto diverso ma le modalità democratiche sono sempre le stesse. Per governare ci vuole la maggioranza, che in un paese molto frantumato si realizza con delle coalizioni, le quali debbono rispondere a regole di stabilità.

Cosa serve per realizzare una solida alleanza di centrosinistra?

Una base politica per governare il paese deve possedere una medesima opinione sulla politica estera, una medesima sensibilità sui temi sociali, una linea condivisa sulla politica industriale e sullo sviluppo economico dell’Italia e un’identica posizione rispetto al tema dei grandi diritti sui quali l’Italia è in grave ritardo e sui quali dobbiamo assolutamente legiferare a partire da questo ultimo anno di legislatura.

Detta così, il Pd sembra molto più vicino ad Azione che al M5S, basti vedere la posizione sulla politica internazionale…

Mi faccia dire che io non ci credo. Cioè non credo che il M5S abbia una linea diversa dal Pd né sulla posizione atlantica dell’Italia né sull’europeismo.

Beh, Di Maio se ne è andato proprio rinfacciando a Conte ambiguità sulla collocazione internazionale dell’Italia, o no?

È vero, ma subito dopo abbiamo approvato un decreto per la difesa dell’Ucraina. E l’abbiamo approvato all’unanimità. Parole e fatti, in politica, spesso divergono.