Il grand jury di Manhattan ha votato per incriminare Donald Trump per l'accusa di avere effettuato dei pagamenti sottobanco durante la campagna presidenziale del 2016, per mettere a tacere la pornoattrice Stormy Daniels, che sosteneva di avere avuto con il tycoon un incontro sessuale extraconiugale. Si tratta del primo procedimento penale contro un ex presidente degli Stati Uniti e di un innegabile colpo al tentativo di Trump di riconquistare la Casa Bianca.

L'ex presidente, che ha negato qualsiasi addebito e ha ripetutamente puntato il dito contro le indagini, ha definito l'accusa una «persecuzione politica». E ha rincarato: «Credo che questa caccia alle streghe si ritorcerà contro Joe Biden in modo massiccio. Il popolo americano capisce esattamente cosa stanno facendo qui i Democratici della Sinistra Radicale».

L'accusa è un colpo di scena clamoroso dopo anni di indagini sugli affari e i rapporti politici e personali del tycoon. L'incriminazione probabilmente galvanizzerà quanti sostengono che Trump abbia mentito nel corso di questi anni, mentre invece incoraggerà quanti ritengono che l'ex presidente repubblicano sia stato ingiustamente preso di mira dal procuratore democratico di Manhattan, Alvin Bragg. In una dichiarazione, gli avvocati di Trump, Susan Necheles e Joseph Tacopina, hanno ribadito che l'ex presidente «non ha commesso alcun crimine. Combatteremo vigorosamente questo procedimento politico in tribunale».

L'indagine del procuratore distrettuale si è concentrata sui soldi pagati alla pornoattrice Stormy Daniels e all'ex modella di Playboy Karen McDougal, per il timore che alla vigilia delle elezioni 2016 avrebbero reso pubblici i presunti rapporti sessuali extraconiugali intrattenuti con il tycoon. Trump dovrebbe consegnarsi alle autorità la prossima settimana, anche se i dettagli sono ancora in fase di definizione, secondo una fonte a conoscenza della vicenda.

Nelle settimane che hanno preceduto la notizia dell'incriminazione, Trump ha ripetutamente inveito contro le indagini attraverso i social media e ha esortato i suoi sostenitori a protestare contro la Procura di Manhattan. L'ex presidente si trova però ad affrontare altri potenziali rischi giudiziari, mentre cerca di riaffermare il suo controllo sul Partito Repubblicano e tenere a bada una serie di ex alleati che stanno cercando o probabilmente si opporranno alla sua nuova nomination presidenziale. Il procuratore distrettuale di Atlanta indaga da sue anni sui tentativi dell'ex presidente e dei suoi alleati di intromettersi nel conteggio dei voti della Georgia del 2020. E un procuratore speciale del dipartimento di Giustizia sta indagando sulla gestione da parte di Trump dei documenti top secret della Casa Bianca, sequestrati dall'Fbi nella sua residenza di Mar-a-Lago in Florida, e sui suoi tentativi di sovvertire la sconfitta elettorale del 2020. Il destino dell'indagine sul pagamento sottobanco a Stormy Daniels sembrava incerto, fino a quando all'inizio di marzo non è trapelata l'indiscrezione che Bragg aveva invitato Trump a testimoniare davanti a un gran giurì, un segnale che i pubblici ministeri erano vicini a presentare le loro accuse formali.

Gli avvocati dell'ex presidente hanno respinto l'invito, ma un avvocato strettamente alleato di Trump, Robert Costello, ha testimoniato nel tentativo di minare la credibilità dell'ex avvocato e faccendiere di Trump, Michael Cohen. Verso la fine della campagna presidenziale del 2016, Cohen ha ammesso di avere pagato alla Daniels 130mila dollari per assicurarsi il suo silenzio su un presunto incontro sessuale avuto con Trump nel 2006. Cohen è stato poi rimborsato dalla società di Trump, la Trump Organization, che ha anche premiato l'avvocato con bonus e pagamenti extra registrati internamente come spese legali.

Per diversi mesi, riferì Cohen, la società gli ha pagato 420mila dollari. All'inizio del 2016, Cohen aveva anche disposto che l'editore del tabloid National Enquirer pagasse 150mila dollari alla modella di Playboy Karen McDougal per non pubblicare la storia su una sua presunta relazione Trump. Una pratica giornalistrica nota negli Usa come, "catch-and-kill". I pagamenti alle due donne avevano lo scopo di garantirsi il loro silenzio, ma si sono quasi immediatamente rivelati un boomerang, quando i dettagli degli accordi sono trapelati ai media. I pubblici ministeri federali di New York hanno quindi accusato Cohen nel 2018 di aver violato le leggi federali sul finanziamento delle campagne elettorali, sostenendo che i pagamenti costituivano un aiuto illecito alla campagna presidenziale di Trump.

Cohen si è dichiarato colpevole delle accuse e del reato di evasione fiscale e ha scontato una pena detentiva in un carcere federale. Trump è rimasto a sua volta coinvolto nel procedimento, poiché sarebbe stato a conoscenza degli accordi, ma i pubblici ministeri statunitensi all'epoca si sono rifiutati di sporgere denuncia contro di lui. In base ad una consolidata giurisprudenza del dipartimento di Giustizia, è probabile che sia incostituzionale perseguire un presidente in carica davanti a un tribunale federale. Il predecessore di Bragg come procuratore distrettuale, Cyrus Vance Jr., ha poi avviato nuove indagini nel 2019. Mentre l'indagine inizialmente si concentrava sui pagamenti in nero, i pubblici ministeri di Vance sono passati ad altre questioni, tra cui un esame dei rapporti commerciali e delle pratiche fiscali di Trump. Vance alla fine ha accusato la Trump Organization e il suo chief financial officer di frode fiscale relativa a fringe benefit pagati ad alcuni dei massimi dirigenti dell'azienda.

La questione dei pagamenti in nero divenne invece nota nell'ufficio del procuratore distrettuale come il "caso zombi", con i pubblici ministeri che la rivisitavano periodicamente, ma non presentavano mai accuse formali. Bragg ha assunto un approccio diverso. Dopo che la Trump Organization è stata condannata per le accuse di frode fiscale a dicembre dello scorso anno, il procuratore ha dato un nuovo slancio all'indagine, prendendo a bordo il procuratore Matthew Colangelo e convocando un nuovo gran giurì. Cohen è diventato un testimone chiave, incontrando i pubblici ministeri in quasi una ventina di occasioni, consegnando e-mail, registrazioni e altre prove e testimoniando davanti al gran giurì. Trump ha a lungo denunciato l'indagine di Manhattan come "la più grande caccia alle streghe della storia". Si è anche scagliato contro Bragg, accusando il pubblico ministero, che è afroamericano, di essere razzista contro i bianchi.

Le accuse penali a New York sono l'ultimo atto della profonda frattura tra Trump e la sua città natale: una resa dei conti per quello che un tempo era uno dei figli prediletti di New York, diventato ricco e famoso costruendo grattacieli, intrattenendosi con le celebrità e riempendo le pagine dei tabloid cittadini. Trump, che nel 2016 disse che «poteva stare in mezzo alla Fifth Avenue e sparare a qualcuno» e che «non avrebbe perso il consenso degli elettori», ora deve affrontare una seria minaccia alla sua libertà personale, o almeno alla sua reputazione, in un distretto dove più del 75% degli elettori, molti dei quali potenziali giurati, si sono schierati contro di lui nelle ultime elezioni.