Du Wei, ambasciatore cinese in Israele,  è stato trovato morto nella sua casa in un sobborgo di Tel Aviv. Secondo i primi accertamenti potrebbe essersi trattato di arresto cardiaco, poiché il diplomatico è stato rinvenuto nel suo letto senza segni di violenza. La polizia ha comunque avviato un’inchiesta. Il diplomatico 58enne, sposato e padre di un figlio, era arrivato in Israele all’inizio dell’anno dopo un mandato in Ucraina. Nei giorni scorsi aveva scritto un articolo per il Jerusalem Post, paragonando la resilienza della Cina nell’affrontare la pandemia a quella del popolo israeliano. E venerdì, attraverso l’ambasciata, aveva protestato per le parole pronunciate al segretario di Stato americano, Mike Pompeo, durante la sua breve visita in Israele due giorni prima: Pompeo aveva accusato Pechino di utilizzare i suoi investimenti in Israele come minacce e aveva anche ribadito che la Cina sta nascondendo informazioni sull’epidemia. La reazione dell’ambasciata non si era fatta attendere: «Pompeo da tempo considera prodotti e investimenti cinesi come rischi per la sicurezza senza produrre prove a sostegno delle sue acccuse. Confidiamo che i nostri amici ebrei non solo siano in grado di sconfiggere il coronavirus ma anche il virus politico e scegliere la linea di azione che serve meglio i loro interessi». Du Wei definiva le relazioni tra Cina e Israele «win-win’» in un rapporto di vantaggio reciproco. E sulle accuse rivolte a Pechino di aver nascosto l’epidemia, l'ambasciatore aveva ricordato che storicamente le pandemie vengono spesso accompagnate «da teorie cospirazioniste e tentativi di cercare capri espiatori. E gli amici ebrei lo sanno bene. Nel corso della storia, alcuni persone sono stati a più riprese accusati di aver diffuso piaghe. È spregevole e dovrebbe essere condannato. La malattia è nemica dell’intera umanità e il mondo dovrebbe combatterla insieme», aveva detto il diplomatico.