Il Regno Unito si è avvicinato molto all’Italia negli ultimi anni per quanto riguarda l’instabilità politica, l’esposizione sui mercati e la bassa crescita economica. È l’analisi del settimanale britannico The Economist, che sulla sepolta leadership di Liz Truss ha scagliato il suo sasso con un paragone che dovrebbe lasciarle un livido sul cadavere: la copertina ritrae la premier dimissionaria con l’elmo di Scipio, uno scudo affettato a forma di pizza e mentre impugna una forchettona cui sono arrotolati - ovviamente - spaghetti. Il tutto sugellato dal titolo esplicativo «Welcome to Britaly» che sta sollevando discussioni e polemiche sui canali social. Nella sua analisi che verrà pubblicata domani ma già disponibile per ampi tratti sul web, il settimanale rileva che già nel 2012 l’attuale premier Truss e Kwasi Kwarteng (ex ministro del Tesoro), in qualità di autori del pamphlet Britannia Unchained, «usavano l’Italia come un avvertimento» per il rischio di danni all’economia, «servizi pubblici gonfiati, bassa crescita, scarsa produttività: i problemi dell’Italia e altri Paesi dell’Europa del sud erano presenti anche nel Regno Unito. Dieci anni dopo, nel loro fallito tentativo di cambiare percorso hanno contribuito a rendere il paragone inevitabile», scrive l’Economist, evidenziando che il Paese è ora bloccato dall’instabilità politica e succube dei mercati obbligazionari. Considerato in Italia leggermente meno autorevole della Bibbia, ma più citato che letto, The Economist è ricordato più per i titoli di copertina che per i contenuti che li argomentarono. Bastò quell’«Unfit to lead Italy» del 2001 a lasciare qualche ammaccatura al premier di allora Silvio Berlusconi, che molti anni dopo avrebbe supportato con il suo cognome il biasimo semantico rivolto a Boris Johnson, quando Oltremanica venne rinominato «Borisconi». L’idea della cover ha forse preceduto quella dell’articolo oppure in redazione non si sono parlati, perché il pezzo asserisce - primo rigo del secondo capoverso - seccamente così: «Il paragone tra i due Paesi è inesatto». La «Britaly» insomma non c’è, malgrado l’italico look di Liz Truss. La Gran Bretagna, si spiega, non è l’Italia se si considerano il tasso di crescita, l’età media della popolazione, la competitività dell’economia, il livello del debito, la diversa posizione rispetto al club europeo e ancora la sovranità sulla moneta per cui - tutto ciò sceverando - Londra non è Roma e quindi no, la «Britaly» non c’è. Serve più che altro come monito, lo spauracchio Italia. The Economist sostiene - a questo punto sosteneva - che i due Paesi procederanno probabilmente «di pari passo» circa le sorti di Giorgia Meloni e Liz Truss. Salvo il dettaglio che l’una deve ancora giurare per l’incarico e l’altra ha completato la parabola con le dimissioni. A Roma non ci sono ancora i ministri. A Londra non ci sono più. «Sebbene spaghetti e pizza siano i cibi più ricercati nel mondo, in qualità di secondo maggiore produttore in Europa, per la prossima copertina suggerirei di scegliere tra i settori dell’aerospazio, della biotecnologia, dell’automotive e della farmaceutica. Qualsiasi sia la scelta fornirebbe un più accurato quadro dell’Italia, tenuto conto anche della vostra, non così segreta, ammirazione per il nostro modello economico», commenta l’ambasciatore italiano a Londra, Inigo Lambertini, in un post su Twitter. «Leggere l’ Economist è un piacere per ogni diplomatico - ha aggiunto l’ambasciatore - a maggior ragione dal momento che dedicate un’attenzione costante all’Italia, tanto amata dai britannici», ma l’ultima copertina è «purtroppo ispirata agli stereotipi più vecchi».