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Volenti o nolenti lo schema è scritto. Fratelli d’Italia, e la Lega, si prenderanno la politica securitaria. Forza Italia, e Carlo Nordio, bilanceranno con riforme garantiste del processo. Sulla giustizia siamo già alla divisione dei compiti, a uno strano patto di desistenza governativo.
Sul fronte più restrittivo è Andrea Delmastro, figura chiave per Giorgia Meloni a via Arenula e fresco di giuramento da sottosegretario, che spiega: «Nessuna fretta nel reato sui rave party, abituatevi a un livello di velocità tale per cui la politica darà risposte rapide ai problemi dei cittadini». E con una filosofia altrettanto sbrigativa è proprio la presidente del Consiglio, su facebook, a rivendicare la misura approvata nel decreto di lunedì scorso: ne vado fiera, dice, «perché l’Italia, dopo anni di governi che hanno chinato la testa di fronte all’illegalità, non sarà più maglia nera in tema di sicurezza». Meloni precisa il concetto: «È giusto perseguire coloro che partecipano ai rave illegali nei quali vengono occupate abusivamente aree private o pubbliche, senza rispettare le norme di sicurezza e, per di più, favorendo spaccio e uso di droghe».
Fino a un inno alla velocità intonato con un filo di ottimismo sui rischi di forzature costituzionali: «Le strumentalizzazioni sul diritto a manifestare lasciano il tempo che trovano». Anche se la premier almeno aggiunge: «Vorrei rassicurare tutti i cittadini che non negheremo a nessuno di esprimere il dissenso». Almeno. Lo spazio lasciato ai garantisti. Insomma, al netto degli aggiustamenti su pena massima, intercettazioni e tipizzazione del reato, su cui il viceministro Francesco Paolo Sisto rassicura, Meloni pianta una vistosa bandiera sulla politica dei reati ad hoc.
E Forza Italia? E Nordio? Sono pronti a cercare di prendersi le loro soddisfazioni sulle garanzie nel processo e su altro, ad esempio la revisione dell’abuso d’ufficio, che pure la premier dà per certa («bisogna mettere mano a quelle norme», ha detto a Bruno Vespa nel libro in uscita di qui a qualche ora» ). E poi, magari, il divieto per i pm di fare appello sulle assoluzioni, possibilmente la separazione delle carriere, magari un ritocco alla Severino nelle sue parti sfacciatamente incostituzionali.
Schema facile, semplificazione estrema: la giustizia del centrodestra di governo si annuncia così. Una ripartizione ordinata, ma che sa di compromesso. Intransigenza e garantismo insieme. Da una parte la pena certa, che vuol dire spesso carcere certo, dall’altra il diritto penale liberale. E Nordio dovrà navigare in questo strano patto di desistenza. Ieri ci ha provato con una nota un po’ rassicurante, un po’ indefinita: la norma su rave, dice, «tutela incolumità e salute pubblica, nel momento in cui questi beni sono esposti ad un pericolo», ma «non incide, né potrebbe incidere minimamente sui sacrosanti diritti della libera espressione del pensiero e della libera riunione, quale che sia il numero dei partecipanti. La sua formulazione complessa», eufemismo estremo, «è sottoposta», d’altra parte, «al vaglio del Parlamento, al quale è devoluta la funzione di approvarla o modificarla secondo le sue intenzioni sovrane».
L’allerta di FI sul decreto Cartabia. Equilibrismi. Necessari a un patto di desistenza che non sarà sempre liscio. Sarà una pax giudiziaria a responsabilità limitata. Basti citare l’interrogazione depositata ieri dalla prima linea che FI schiera al Senato sulla Giustizia, Pierantonio Zanettin: chiede (a Nordio) quali iniziative il governo intenda assumere «per far fronte alla drammatica situazione del sistema carcerario». Tenuto conto che «i suicidi hanno già raggiunto il numero di 74, è quindi già stato superato il triste primato del 2009, anno in cui erano stati complessivamente 71».
Il tutto accompagnato da una chiosa sibillina: «Pare evidente che su questo impressionante aumento ha inciso una politica ispirata a una concezione carcerocentrica, che ha finito con aggravare l’annoso fenomeno del sovraffollamento». Ecco, qui in realtà Zanettin avverte Fratelli d’Italia in vista dell’esame a cui il Dl Rave party - ergastolo - Cartabia sarà sottoposto a Palazzo Madama: dice, tra le righe, «non fate scherzi». Cioè non vi approfittate della legge di conversione per intervenire sul decreto attuativo di Cartabia ben oltre il già previsto rinvio dell’entrata in vigore al 30 dicembre. E non crediate di potervi andare a impicciare delle norme garantiste inserite dalla ex ministra sul fronte dell’esecuzione penale. In particolare sulla possibilità che sia il giudice del processo a prevedere già in sentenza la commutazione della condanna al carcere in una misura extramuraria ( domiciliari o servizi sociali).
E qui ci si gioca molto. Fratelli d’Italia, all’epoca della stesura del decreto attuativo di Cartabia, era all’opposizione, non ha votato il parere favorevole in Parlamento e ha contestato il ricorso alle misure alternative per i reati con pena fino a 4 anni. Possibilità che in realtà già esisteva ma che, grazie a Cartabia, può essere concessa senza che il condannato debba magari “assaggiare la cella” prima di ottenere la pena extramuraria. Zanettin avverte il partito della premier che loro, i berlusconiani, di scherzi simili non vogliono sentir parlare. Il che dimostra come il patto fra securitari e garantisti esista, ma non è stabile. Richiederà continue piccole prove di forza.
I correttivi sul “reato di rave”. Come d’altronde già si vede con la parte del decreto Giustizia relativo ai Rave party. È il viceministro Francesco Paolo Sisto a spiegare che si interverrà per tipizzare la nuova fattispecie, attraverso il nesso tra raduno non autorizzato e consumo di droga, e per scongiurare il ricorso alle intercettazioni, seppur solo successive all’individuazione dei presunti responsabili, attraverso un abbassamento della pena massima dai 6 ai 4 anni.
La pressione su Nordio. Tutto bene? Fino a un certo punto. Una giustizia così è sotto tensione. Il patto sarà anche chiaro, seppur perfezionabile in progress, ma può sempre degenerare in conflitto. In cui il vero problema è il margine di manovra concesso a Nordio. La sua compatibilità con un’impostazione in cui l’esecuzione penale tenderà, in ogni caso, a un indirizzo carcerocentrico. Nordio sostiene che il carcere è la priorità: le sue prime visite ufficiali si svolgeranno oggi a Regina Coeli e Poggioreale. Ma l’attenzione al disagio nei penitenziari dovrà fare i conti con la diffidenza di FdI per le misure alternative.
Fra le variabili positive dell’equilibrio instabile va messo in conto il Terzo polo. È stato il vicesegretario di Azione Enrico Costa a far notare già l’altro ieri come non fosse affatto vero che, grazie all’intervento in extremis di Antonio Tajani, il Consiglio dei ministri aveva scongiurato l’uso delle intercettazioni per il reato di Rave party.
Restano eccome, ha fatto notare Costa: visto che la pena è superiore ai 5 anni, “captare” sarà sempre possibile. «Sono state escluse solo le intercettazioni preventive, che sono tutt’altra cosa». E in effetti ieri dal centrodestra è arrivata l’interpretazione autentica di Forza Italia che, con l’autorevole voce di Sisto, preannuncia le modifiche di cui sopra. Sempre Costa ha però infierito sul work in progress della maggioranza e ha obiettato: «Hanno buttato giù il testo di un reato come se fossero al bar, ora fanno retromarcia».
Lo spettro Anm. In realtà Calenda e Renzi torneranno utilissimi a FI. Saranno l’appoggio esterno all’ala garantista della maggioranza. Ma resta in ogni caso l’impressione di un incalcolabile vantaggio per i securitari, perché, come dice Delmastro, ci si deve abituare ai ritmi veloci, con risposte rapide alle attese dei cittadini. Ora, è pensabile che una cosa del genere possa avvenire anche sui provvedimenti garantisti che FI proverà a intestarsi? E cioè, per esempio, sull’abolizione dell’abuso d’ufficio? Nordio ha dichiarato al Dubbio che ci si potrà arrivare solo dopo «un’approfondita discussione in Parlamento».
Potranno essere istantanee, le risposte sul divieto di appello contro le assoluzioni, che dovranno fare i conti con la pronuncia sfavorevole della Consulta di 15 anni fa? E ancora, è realistico che la separazione delle carriere vada in porto come se nulla fosse, in pochi giorni, considerato che richiederà un imponente modifica costituzionale?
Insomma: Nordio, e FI, restano in minoranza. Il pacchetto di mischia Fratelli d’Italia- Lega è nettamente superiore non solo nei numeri, ma anche per le condizioni del terreno di gioco. Scrivere e approvare leggi securitarie trova sempre meno ostacoli, nella magistratura ma anche nelle opposizioni, la cui voce più riconoscibile, sulla giustizia, resterà quella dei 5 Stelle. La piattaforma giudiziaria che Meloni è ben disposta, nel patto sulla giustizia, a riservare a Berlusconi troverà una resistenza ancora più tenace nell’Anm.
Basta immaginare cosa accadrà su appello del pm e carriere separate: una rissa da vecchi tempi fra maggioranza e toghe. Una prospettiva che peraltro Meloni non auspica affatto. E che diventerà, per la minoranza garantista di governo, un ostacolo così duro da rendere il patto sulla giustizia assai più svantaggioso di quanto ora sembri.