Ieri (4 agosto ndr) ennesimo suicidio in carcere nel Lazio. Detenuti muoiono nel totale disinteresse della politica, delle istituzioni e nel silenzio degli organi di stampa. Un ragazzo italiano di 26 anni detenuto nel carcere di Frosinone il 4 agosto 2022 si è tolto la vita. Dall’inizio del 2022 sono 6 i suicidi nelle carceri del Lazio a cui si aggiungo altri 5 i morti per altre cause. Domenica scorsa altro suicidio di una donna detenuta nel carcere femminile di Rebibbia.

Nel reparto di medicina protetta dell’ospedale Sandro Pertini di Roma qualche giorno fa è morto un uomo detenuto gravemente malato in attesa di un’autorizzazione per poter morire in condizioni umane e circondato dall’affetto dei suoi cari in un hospice. Nel carcere di Viterbo un uomo è stato trovato morto in cella e sono in corso accertamenti per individuare le cause. Il Garante Nazionale dei detenuti ha riscontrato in questi giorni nel carcere di Regina Coeli una cella inagibile con servizi igienici rotti, acqua stagnante nel lavabo, finestre sigillate, materasso ricoperto da fogli di giornale, invasa dalle formiche e con materiale organico alle pareti. Non si hanno notizie di riscontri alla denuncia del Garante.

Le notizie ci vengono fornite dal Garante dei detenuti del Lazio Stefano Anastasia, infaticabile nell’impegno, ma con a fianco solo pochi altri, nella totale indifferenza della società degli organi di stampa e della politica. Non servono parole per esprimere lo sdegno e la ferma condanna per una realtà come quella delle condizioni delle carceri che - in spregio ai valori di uno stato di diritto - rendono disumane le condizioni dei reclusi. È un dato oramai incontestabile la quotidiana e costante violazione del divieto di trattamenti contrari al senso di umanità nell’esecuzione della pena, principio garantito dalla nostra Costituzione.

A questo si aggiunga la pervicace visione carcerocentrica della pena di una gran parte dei magistrati italiani che - sia per i detenuti in attesa di giudizio che per i definitivi - trascura che il carcere deve rimanere l’estrema soluzione rispetto a tutte le altre misure restrittive che bilancino la sicurezza con il reinserimento sociale.

La politica in questi giorni è impegnata nella campagna elettorale per le elezioni di settembre, ma sulla giustizia nessun partito si vuole sbilanciare. E nessun partito poi si avvicina al tema dell’esecuzione della pena e del carcere, argomento identificato come “rischio perdita voti”. Che vergogna. Eppure sarebbe facile ripartire dai lavori degli Stati Generali dell’Esecuzione penale abbandonati dal governo Conte in poi. Il livello di uno stato di diritto si misura dalle condizioni degli ultimi. Cosa rispondono i politici ai familiari dei detenuti morti? E ai detenuti che vivono in condizioni disumane? L’indifferenza non è più tollerabile. Eppure constatiamo solo imbarazzanti silenzi dei vari rappresentanti dei partiti.

È da tempo che denunciamo le condizioni insostenibili. Così come è da tempo che denunciamo le condizioni insostenibili del tribunale di sorveglianza di Roma competente per tutti i detenuti degli istituti del Lazio privo di una adeguata organizzazione e di un numero di magistrato sufficiente a smaltire il carico di lavoro. In questo periodo l’unico argomento di interesse a livello istituzionale sul tribunale di sorveglianza di Roma è la nomina del nuovo presidente. Eppure è solo di poco tempo fa una protesta dei penalisti di tutto il Lazio conclusa con una giornata di astensione dalle udienze per denunciare le condizioni del tribunale di sorveglianza.

Gli stessi magistrati dell’ufficio hanno condiviso le ragioni della protesta con un documento pubblicato e letto dal presidente del tribunale di sorveglianza nell’assemblea dei penalisti laziali. Eppure nessuno si è interessato è tutto è come prima, anzi in questo periodo feriale è peggio. Anche se il detenuto non va in ferie e le sue istanze arrivano anche ad agosto.

E in ultimo la stampa che, salvo poche testate, si dimentica di suicidi, di denunce, di tutti i gravi problemi che affliggono il pianeta carcere. Da quanto tempo ai tg Rai, Mediaset o LA7 non vediamo servizi sulle tragedie che affliggono i detenuti o sui suicidi come in questa occasione. Basta silenzi più o meno colpevoli. La società deve sapere che per costruire uno stato di diritto si devono garantire a tutti i diritti sanciti nella costituzione. E come noi penalisti romani abbiamo già denunciato in occasione dell’apertura dell’ultimo anno giudiziario del Distretto e anche in questa occasione il Direttivo della Camera Penale di Roma ha diffuso un duro comunicato e di una richiesta di accertamento di eventuali responsabilità: solo quando nessun uomo subirà in carcere un trattamento disumano la ferita costituzionale potrà dirsi rimarginata. (*PRESIDENTE DELLA CAMERA PENALE DI ROMA)