Si scrive rave si legge dissenso. O almeno è questo il timore di buona parte delle opposizioni, convinte che il primo atto del governo Meloni miri a colpire duramente qualsiasi manifestazione non autorizzata con la scusa della “piaga” delle feste da ballo illegali. Perché se basta un raduno di 50 persone per far scattare l’articolo 434 bis del codice penale introdotto dal neo ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, è lecito farsi venire qualche dubbio. A partire dalle modalità con cui il nuovo reato è stato introdotto: il decreto legge.

Quello dei rave è davvero un fenomeno sociale emergenziale da richiedere una legislazione d’urgenza su una materia, tra l’altro, già normata dall’articolo 633? E considerati i confini più che sfumati del nuovo articolo del codice penale - «consiste nell’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati» - il reato verrà contestato solo agli scalmanati giovani danzanti o anche a studenti, lavoratori e contestatori vari? Dal Viminale si affrettano a precisare che la norma «interessa una fattispecie tassativa che riguarda la condotta di invasione arbitraria di gruppi numerosi tali da configurare un pericolo per la salute e l’incolumità pubbliche» e che non «lede in alcun modo il diritto di espressione e la libertà di manifestazione sanciti dalla Costituzione e difesi dalle istituzioni».

Non la pensano così i detrattori del nuovo reato, a partire da Amnesty international, convinta che il “decreto rave” «rischia di avere un’applicazione ampia, discrezionale e arbitraria a scapito del diritto di protesta pacifica, che va tutelato e non stroncato». E le opposizioni, per nulla rassicurate dalle precisazioni del ministro Paintedosi, rincarano la dose: il governo ha trovato un pretesto per soffocare la libertà di pensiero.

Quello dell’esecutivo «è un gravissimo errore. I rave non c’entrano nulla con una norma simile. È la libertà dei cittadini che così viene messa in discussione», twitta il segretario del Partito democratico Enrico Letta, che ha scelto di schierare il suo partito in trincea dopo la presentazione del decreto. Per i dem quella norma è «un obbrobrio giuridico», copyright Debora Serracchiani, «lesivo dei principi costituzionali». «Per di più», spiega la capogruppo democratica alla Camera, «la fattispecie è così generica da poter essere applicata a qualsiasi mobilitazione dei cittadini e la pena è così elevata da consentire il ricorso alle intercettazioni». In Consiglio dei ministri, infatti, grazie alle perplessità avanzate soprattutto da Forza Italia, è stata esclusa la possibilità di operare intercettazioni preventive, inizialmente previste dalla norma, non quelle “ordinarie”, garantite dalla pena massima prevista: sei anni di reclusione.

Ma per Matteo Salvini, già teorizzatore di “pacchie finite”, il dibattito sulle feste giovanili è già chiuso: «Un Pd ormai in confusione totale difende illegalità e rave party abusivi, chiedendo al governo di cambiare idea. No! Indietro non si torna, le leggi finalmente si rispettano», scrive sui social il vice premier e ministro delle Infrastrutture, ingaggiando un botta e risposta virtuale con il segretario del Pd. Che controreplica: «No. Il rave party di Modena è stato gestito bene, con le leggi vigenti. Le nuove norme che avete voluto con decreto legge non sono contro “i raveparty abusivi”. Suonano come limite alla libertà dei cittadini e minaccia preventiva contro il dissenso».

Il verde Angelo Bonelli non usa mezzi termini: il reato appena introdotto è «fascista». E Nicola Fratoianni, segretario nazionale di Sinistra italiana, individua già i veri obiettivi del neonato governo: «Penso ad esempio ai cortei sindacali dei lavoratori sempre più esasperati, alle mobilitazioni studentesche o alle proteste dei comitati e dei movimenti come quelle che in questi mesi si sono sviluppate a Piombino». Il dubbio resta. E interroga anche intellettuali e artisti. Lo scrittore Erri De Luca commenta lapidario: «Atto primo scena prima: il governo individua il grave pericolo delle manifestazioni musicali libere e gratis.

Pene da patibolo contro la gioventù». Mentre Morgan, pseudonimo del musicista Marco Castoldi per il quale il nuovo sottosegretario al ministero della Cultura, Vittorio Sgarbi, ha proposto la guida di un dipartimento musica “ad hoc”, chiosa: «Ci sono aspetti torbidi e contorti nei rave party: ma il punto non è vietarli, arrestare i partecipanti e metterli in carcere; semmai, bisogna far sì che non siano attraenti per i giovani, proponendo idee alternative migliori».