Sindaco Ricci, ieri il sì alla mozione per continuare ad inviare armi a Kiev, ma gli unici europarlamentari italiani che a Strasburgo hanno votato contro la definizione della Russia come sponsor del terrorismo sono tre dem. Servirebbe più chiarezza nel partito?

Noi siamo stati dal primo minuto a fianco del popolo ucraino, perché quando c’è un aggressore che invade non si può stare che dalla parte del popolo che resiste e si batte per la sua libertà. La resistenza ucraina, grazie all’aiuto dell’Occidente e dell’Italia, sta facendo perdere a Putin la guerra che voleva vincere. Se non avessimo sostenuto la resistenza ucraina non ci sarebbe stata la pace ma la preparazione a una nuova invasione. Ora è il momento di chiedere un “cessate il fuoco” e di aprire un negoziato di pace. Perché il rischio di un’escalation militare e dovere parlare ormai ogni giorno di corsa al riarmo e dell’incombere dell’impiego di armi nucleare, è aberrante. È il momento di riscoprire il sogno degli “Stati Uniti d’Europa” e il Pd deve spingere in questa direzione.

Un Pd che lei stesso spiega deve essere «equo e sostenibile», per puntare sulla «qualità della crescita». È il manifesto della sua candidatura alla segreteria?

Il Pd che ho in mente è racchiuso nelle idee che ho presentato lo scorso sabato a Roma. L’Italia ha bisogno di una forza progressista del fare, capace di rappresentare i più deboli. Ci vuole una sinistra di prossimità che faccia una politica della porta accanto, che torni a “toccare” le sofferenze, le emarginazioni, i bisogni fondamentali. Nel partito si deve stare per fare e per decidere: più azione concreta, meno personalismi. In questo senso io penso a un Pd aperto, inclusivo e sorridente. Che ritrovi missione e passione.

Tra Stefano Bonaccini, determinato a prendersi il partito, e Elly Schlein, che domenica lancerà la propria candidatura, c’è spazio anche per altro?

Vedremo, per le candidature ufficiali c’è tempo fino al 27 gennaio. Ora è il momento di portare avanti le idee. Io lo sto facendo insieme a una rete di amministratori locali e con altri che hanno preso sul serio la fase costituente. Da due mesi stiamo girando in quella provincia italiana che da un decennio ci ha voltato le spalle.

Se lei dovesse scendere in campo sarà un vero e proprio “congresso dei territori”. Deve arrivare da qui la svolta per il Pd?

Sì. In questo momento gli amministratori locali progressisti e riformisti rappresentano il 70 per cento dei comuni italiani. Convincono e vincono attraverso con una gestione dinamica, che punta agli obiettivi, li persegue con coerenza e determinazione, con efficacia di risultati. Un’esperienza dalla quale può nascere un impulso forte per l’alternativa, un’energia fondamentale da mettere a disposizione del Paese. Per troppo tempo noi sindaci abbiamo ricevuto “pacche” sulle spalle per le nostre vittorie, ma poi ci siamo sentiti dire “ora alla politica nazionale ci pensiamo noi”. Basta. Questa volta invece ci siamo anche noi nel congresso del Pd.

Cosa serve a questo Pd per non rischiare di essere fagocitato dal Movimento 5 Stelle, a sinistra, e dal terzo polo, a destra?

La sinistra si può rigenerare dall’opposizione e il Pd può esserne ancora il perno, per la sua forza e con un nuovo radicamento sociale. Alle prossime elezioni europee sono convinto che possiamo raggiungere il 25 per cento. Oggi ci sono tre opposizioni: Pd, M5S e terzo polo. Le alleanze, in questa fase, si faranno con chi fa opposizione sul serio contro il governo della destra. Non certo con chi giocherà a fare un giorno l’opposizione e l’altro la stampella del governo. Anche nelle elezioni comunali e regionali si vedrà chi si unisce su obiettivi, per vincere. Perché l’alternativa alla destra si fa con l’unità.

In questi anni lei si è dimostrato un moderato del Pd, capace di dar vita a una sorta di riformismo civico che parte da Renzi e arriva fino a lei, a Nardella, a Gori, allo stesso Bonaccini. Come si può coniugare questa visione con la sinistra dem di Bettini e Orlando?

Moderato no. Riformista sì, perché è la politica di ogni giorno che ho imparato in una regione, le Marche, dove la sinistra ha una forte tradizione popolare e di governo. Oggi però il Pd ha subito una grave sconfitta politica, dopo quella del 2018. Il governo Conte- Gualtieri, io lo chiamo così, non è caduto per caso. Non si è colmata la distanza che ci separa dai più deboli, dal mondo del lavoro e da chi rischia per creare lavoro. Si sono dissolte le alleanze con le quali abbiamo saputo fronteggiare la pandemia e ritrovare un posto in Europa, conquistare il Pnrr. Il congresso si fa per dare risposte e fare proposte. Su queste si misura quanto si è vicini e a chi.

I sindaci sono sotto accusa dopo la strage di Ischia: crede che il governo modificherà la norma sull’abuso d’ufficio?

Sull’abuso d’ufficio sono favorevole ad una riforma seria. Vedremo cosa ci proporrà Nordio. Oggi troppi amministratori rischiano ingiustamente per quello che firmano o votano. Su Casamicciola ho sentito delle parole irrispettose e fuori dalla realtà: solo chi non conosce il funzionamento dei comuni può dare la colpa al sindaco per ciò che è successo. Chi non sa di che parla e fa qualunquismo non merita di fare il ministro.