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Dopo il lancio di missili russi in territorio polacco, la Nato esaminerà l’opportunità di una risposta come prevede l’articolo 5 del Trattato Nord Atlantico siglato nel 1949. La reazione all’attacco non è automatica, anche se ne viene legittimata. L’articolo recita infatti che «le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono che se un tale attacco si producesse, ciascuna di esse, nell’esercizio del diritto di legittima difesa, individuale o collettiva, riconosciuto dall’ari. 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’uso della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale». Quella della risposta armata è, in altre parole, una fra le opzioni previste. A chi spetta valutare la risposta della Nato? Al Consiglio di Sicurezza dei Paesi membri: «Ogni attacco armato di questo genere e tutte le misure prese in conseguenza di esso», prosegue l’articolo 5, «saranno immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza. Queste misure termineranno allorchè il Consiglio di Sicurezza avrà preso le misure necessarie per ristabilire e mantenere la pace e la sicurezza internazionali». A marzo scorso il presidente americano Joe Biden aveva ribadito all’omologo polacco Andrzej Duda, riferendosi all’articolo 5 del Trattato, che esso costituisce un «vincolo sacro». La Polonia è membro Nato dal 1999. Il Pentagono fa sapere che sta indagando sulla vicenda. «Non abbiamo informazioni per corroborare queste notizie, ma le prendiamo seriamente», ha detto il portavoce Pat Ryder. Quanto alla possibilità di attivare l’Articolo 5 del Trattato Nato, Ryder ha affermato che gli Usa sono «stati chiari» e sono pronti a «difendere ogni centimetro del territorio Nato».