Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha respinto la richiesta del gruppo militante palestinese Hamas di porre fine alla guerra a Gaza per raggiungere un accordo di cessate il fuoco. «Lo Stato di Israele non può accettarlo», ha detto. «Non siamo pronti ad accettare una situazione in cui i battaglioni di Hamas escono dai loro bunker, riprendono il controllo di Gaza, ricostruiscono le loro infrastrutture militari e tornano a minacciare i cittadini di Israele», ha detto Netanyahu al governo, secondo una dichiarazione del suo ufficio. «Quando Israele mostra la sua buona volontà, Hamas persiste nelle sue posizioni estreme guidato dalla richiesta del ritiro delle nostre forze dalla Striscia di Gaza, della fine della guerra e del mantenimento di Hamas. Israele non può accettarlo», ha detto Netanyahu durante un Consiglio dei ministri. «Capitolare alle sue richieste - ha aggiunto il premier - significherebbe una terribile sconfitta».

I negoziatori stanno intanto riprendendo i colloqui volti a mediare una pausa nell'offensiva israeliana a Gaza in cambio del rilascio degli ostaggi catturati da Hamas il 7 ottobre. L’ipotesi in discussione prevede una pausa di 40 giorni nei combattimenti durante il rilascio degli ostaggi e il rilascio di un certo numero di prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane.

Ieri i mediatori del Qatar, dell'Egitto e degli Stati Uniti hanno incontrato una delegazione di Hamas al Cairo e una fonte di Hamas vicina ai negoziati ha detto che oggi ci sarà «un nuovo ciclo» di colloqui. Ciascuna parte ha incolpato l’altra per lo stallo dei negoziati. Un alto funzionario di Hamas che ha insistito ieri sera sul fatto che il gruppo «non avrebbe accettato in nessuna circostanza» una tregua che non includesse esplicitamente la fine completa della guerra, compreso il ritiro di Israele da Gaza. Il funzionario, che ha chiesto di restare anonimo, ha condannato gli sforzi israeliani per ottenere un accordo sul rilascio degli ostaggi «senza collegarlo alla fine dell’aggressione a Gaza».

Ha accusato Netanyahu di «ostacolare personalmente» gli sforzi per raggiungere una tregua a causa di «interessi personali». Dall'altra parte, un alto funzionario israeliano aveva detto in precedenza che Hamas «sta ostacolando la possibilità di raggiungere un accordo» rifiutandosi di rinunciare alla sua richiesta di porre fine alla guerra. Nonostante mesi di tentativi della diplomazia, i mediatori non sono riusciti ad arrivare a una nuova tregua come quella di una settimana che ha permesso il rilascio di 105 ostaggi lo scorso novembre in cambio di detenuti palestinesi nelle carceri di Israele.

Il funzionario israeliano ha detto che una delegazione sarà inviata al Cairo solo se ci saranno segnali positivi sul quadro proposto. Sulle trattative pesa la prospettiva di un prossimo attacco israeliano a Rafah, dove secondo l’Oms si rifugiano 1,2 milioni di palestinesi provenienti dal Nord della Striscia, quasi metà dell'intera popolazione del territorio palestinese.

Sabato notte in tutto Israele si sono svolte proteste contro il governo e a sostegno del rilascio degli ostaggi, dopo le notizie di un potenziale accordo con Hamas. Decine di migliaia di persone sono scese in strada nelle principali città israeliane, dove i manifestanti hanno anche chiesto elezioni anticipate. Durante una manifestazione a Gerusalemme, il padre dell’ostaggio israelo-americano Hersh Goldberg-Polin ha detto: «I politici devono ricordare che stiamo combattendo per persone vere».