Avanti in quarta, senza ripensamenti o correzioni di traiettoria. Il bersaglio: palazzo Chigi. «Andiamo a votare con qualsiasi legge elettorale vogliano, tanto vinceremo», taglia corto il parlamentare leghista Alessandro Morelli, che non lascia spazio a nessuna esitazione: «E’ inutile discutere su chi sia il leader del centrodestra e non lo dico io, ma gli italiani».

Nessuno scricchiolio per Salvini, nemmeno dopo la sconfitta emiliana?

Assolutamente sì, ma sono scricchiolii positivi. Anzi, me lo faccia dire meglio: Salvini è dirompente e anche in Emilia ha aumentato la sua popolarità. Lo dicono i dati: nel 2014 la Lega aveva 8 seggi, oggi ha eletto 14 consiglieri regionali e in questi anni è cresciuta esponenzialmente. Per questo, chi dice che la popolarità di Salvini è messa in discussione non vede la realtà oppure è in malafede. In ogni caso a noi va benissimo: mi occupo di comunicazione e so che parlare del nostro leader, in qualsiasi senso, è sempre dimostrazione che Salvini buca lo schermo.

Neppure una piccola riflessione? Bonaccini ha vinto con ampio margine...

La riconferma della sinistra in Emilia è qualcosa che avremmo voluto evitare, anche con l’intento di dare la stura definitiva anche al governo giallorosso. Non è stato possibile, ma non si può considerare questa sconfitta una debacle, perché per la prima volta c’è stata una vera contesa per il governo del feudo rosso italiano. E’ stato un passaggio storico, su cui costruire la vittoria futura.

I rapporti nel centrodestra rimangono così definiti, oppure le due punte del tridente potrebbero cambiare approccio nei vostri confronti?

I rapporti di forza non sono certo io a definirli ma li definiscono gli italiani, che oggi stano dimostrando la loro vicinanza a Salvini. Lo dico in modo semplice: lui ha una leadership granitica sia nella Lega che nel centrodestra.

Il successo calabrese ha dato ossigeno a Forza Italia.

Sono contento che la Lega abbia contribuito in modo fondamentale sia alla maturazione della candidatura di Jole Santelli che alla sua vittoria.

Berlusconi, proprio ieri, diceva che la componente del centro liberale è irrinunciabile per il centrodestra. E’ ancora così o sono vecchie geometrie?

Queste distinzioni sono sacrosante sul piano politico, ma quasi anacronistiche dal punto di vista pratico. Detto questo, sono convinto che per vincere sia necessario parlare a più voci e non possiamo pensare che la Lega diventi ovunque la nuova Dc. In Veneto però, per esempio, lo siamo e addirittura potremmo anche essere totalmente autonomi rispetto alle alleanze. La crescita dei nostri alleati è certamente positiva, ma trovo assurdo aprire discussioni sul fatto che la Lega sia il primo partito.

Per vincere, però, bisogna passare attraverso la nuova legge elettorale. Voi che modello preferite?

Noi vogliamo dare agli italiani un governo che rimanga in carica 5 anni e che faccia quello che vuole il popolo. Oggi, invece, sulla legge elettorale sta andando in scena un blob che prende la forma e le dimensioni sulla base delle necessità contingenti del momento.

La direzione sembra quella di una legge proporzionale. In questo caso, si dovrebbe ridisegnare anche il centrodestra, magari spacchettandosi?

Le racconto un aneddoto. Io ho fatto la gavetta insieme a Matteo Salvini e ricordo quando la Lega rischiava di non superare la soglia di sbarramento alle Europee. All’epoca, lui decise che non ci sarebbe servito un “salva- Lega”, ma che ci saremmo affidati al buon governo nelle regioni e al favore degli italiani. Fu la scelta giusta, perché non solo superammo il 4%, ma arrivammo addirittura oltre il 6%. Glielo racconto per dirle che a noi interessa poco la legge elettorale, esattamente come non interessa per nulla agli italiani. A noi interessa che si faccia una legge qualunque, che permetta di avere un governo chiaro e che governi chi ha preso un voto in più rispetto agli avversari.

Quando si andrà a votare, secondo lei?

Dovremmo farlo subito, perché siamo in una fase di impasse e il presidente Mattarella dovrebbe decidersi a fare la cosa giusta, mandando gli italiani al voto. E’ evidente, infatti, che abbiamo un Palazzo che non rispecchia minimamente le inclinazioni dei cittadini, il cui unico collante è l’antisalvinismo.

Ma per farlo non servirebbe almeno un casus belli? Una scintilla di crisi?

Ha visto cosa sta succedendo in Francia? Manifestano i pompieri, gli avvocati lanciano la toga al ministro, gli studenti invadono le strade, e tutto per colpa della riforma delle pensioni voluta da Macron. Ecco, la nostra preoccupazione è che in Italia succeda la stessa cosa: questo governo non eletto non può dare le risposte che i cittadini si aspettano e io temo che la tensione sociale si alzi. Grazie alla Lega, per ora tutto questo si è evitato. Ma non so per quanto ancora...

Cosa potrebbe far scattare questa tensione?

Potrebbe essere la tassa sulla plastica, oppure la crisi di Ilva o di Alitalia, ma anche le piccole e grandi crisi sui territori che non trovano soluzione, a causa di un governo che non sa se dare a tutti il reddito di cittadinanza o aumentare il cuneo fiscale. Ecco, per evitare che si raggiungano momenti caldi, non solo è giusto ma è anche sano che gli italiani possano esprimersi.