A una ragazzina di 16 anni hanno dato fuoco ai vestiti, spingendola contro un fornello acceso, poi l’hanno picchiata con un manganello sui fianchi e sul collo e infine frustata a sangue durante l’interrogatorio in una caserma di Teheran.

Un altro ragazzino, sempre di 16 anni, è stato violentato nell’ano con un oggetto appuntito e poi colpito in ogni parte del corpo fino ad avere le costole fratturate. C’è poi la storia di altri due minori, torturati per ottenere informazioni sulla loro famiglia o di quel 17enne che ha tentato due volte di togliersi la vita dopo essere stato sottoposto a elettrochoc. Nella città di Zahedan ancora un 17enne è stato seviziato con scariche elettriche e bastonato sotto la pianta dei piedi al punto di non poter più camminare. È rimasto in una cella per settimane completamente bendato e privo di cure mediche, poi lo hanno costretto a confessare un reato che non aveva commesso: incendio doloso. Non ci sono soltanto le violenze fisiche, anzi, il terrore più grande è quando gli agenti minacciano di arrestate e uccidere i familiari dei ragazzi, intimidazioni ripetute 10, 20, 30 volte, con sadismo per far li crollare definitivamente ed estorcere confessioni.

Sono solo alcune cartoline della repressione in corso in Iran, testimonianze dirette della ferocia con cui il regime sta soffocando il dissenso raccolte a dozzine nell’ultimo rapporto di Human Right Watch.

Chi si stia chiedendo che fine abbia mai fatto il movimento di donne e giovanissimi che questo inverno ha scosso le fondamenta della repubblica sciita contestando nelle piazze di tutto il paese un sistema potere liberticida e sclerotizzato, troverà risposta in queste righe: «Le forze di sicurezza iraniane che reprimono le proteste diffuse hanno illegalmente ucciso, torturato, aggredito sessualmente e persino fatto sparire minorenni, molti arrestati senza avvisare le loro famiglie, a volte per settimane. Agli studenti rilasciati dalla detenzione è stato poi impedito di tornare a scuola mentre le autorità hanno interrotto l'assistenza sociale , costringendoli a lavorare», si legge nel rapporto della Ong statunitense. Peraltro le vittime di abusi anche se non hanno subito condanne rischiano danni psicologici di lunga durata come sottolinea il direttore di Human Right Watch Bill Van Esveld.

In questo cono d’ombra va da sé che il diritto alla difesa e all’assistenza legale è il primo a saltare in aria: «Le autorità iraniane hanno anche arrestato, interrogato e perseguito i minori in violazione delle garanzie legali, e i giudici hanno vietato alle famiglie dei bambini di assumere avvocati di loro scelta per difenderli, hanno condannato i bambini con accuse vaghe e li hanno processati al di fuori dei tribunali per i minorenni che hanno l'unico giurisdizione sui casi dei minori».

Già, perché gli interrogatori e le brutali sevizie compiute dalla polizia politica sono illegali per la stesse legge iraniana secondo la quale chi ha meno di 18 anni può essere interrogato soltanto da pubblici ministeri specializzati e processato unicamente davanti ai tribunali per i minorenni.

E invece il capo della magistratura iraniana, l’ultraconservatore Gholamhossein Mohseni Ejei ha nominato un giudice religioso già togato al Tribunale rivoluzionario, come responsabile della giustizia minorile che ha autorizzato tutte queste violazioni. Come spiega Human Right Watch che ha intervistato un avvocato dell’ordine di Teheran «almeno 28 minorenni sono stati di corruzione in terra e inimicizia contro Dio», reati alquanto vaghi ma che portano a punizioni severissime come la pena di morte o l’amputazione della mano destra o del piede sinistro.