Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, accompagnato dai rappresentanti delle istituzioni civili, militari e religiose, ha reso omaggio all'Altare della Patria in occasione delle celebrazioni per l'anniversario della Liberazione, con la deposizione di una corona d'alloro. Il Capo dello Stato si è quindi recato ad Acerra, città profondamente segnata dai combattimenti e dalle rappresaglie delle truppe naziste, per la cerimonia ufficiale. «È un momento particolarmente ricco di significato celebrare il 25 aprile, la ricorrenza della Liberazione, qui ad Acerra, medaglia d’oro al merito civile, teatro - nell’ottobre del 1943 - di una terribile strage di civili innocenti, per molto tempo quasi dimenticata. Onorando i tanti martiri di Acerra, desidero ricordare tutti i combattenti, tutte le vittime delle rappresaglie e gli uomini e le donne coraggiose che - in ogni parte d’Italia - perdettero la vita per opporsi alla barbarie scatenata dalla furia nazifascista. La storia della nostra libertà è stata scritta da loro, la nostra Costituzione democratica è nata dal loro sacrificio», ha affermato il Capo dello Stato.

Mattarella ricorda il senatore Gabriele De Rosa

Mattarella ha poi ricordato le parole di «un illustre figlio della terra campana: lo storico e senatore Gabriele De Rosa, che fu ufficiale dei granatieri a El Alamein e poi membro della Resistenza romana. Raccontava di una piccola donna, sua padrona di casa a Roma, che lo aveva salvato dall’arresto e dalla deportazione, raccontando il falso ai fascisti. Se fosse stata scoperta la verità, questa donna sarebbe stata sicuramente fucilata. De Rosa concludeva: "Questa donna ha fatto la Resistenza". E oggi c’è tra gli storici concordia nell’assegnare il titolo di resistente a tutti coloro che, con le armi o senza, mettendo in gioco la propria vita, si oppongono a una invasione straniera, frutto dell’arbitrio e contraria al diritto, oltre che al senso stesso della dignità».

Mattarella e le staffette partigiane

«Furono resistenti - ha ricordato il Capo dello Stato - i combattenti delle montagne, le tante staffette partigiane, i militari che, perdendo la vita o subendo la deportazione, rifiutarono di servire sotto la cupa bandiera di Salò. Furono resistenti, a pieno titolo, le persone che nascosero in casa gli ebrei, o i militari alleati, coloro che sostenevano la rete logistica della Resistenza. Furono resistenti gli operai che entrarono in sciopero al Nord, gli autori di volantini e giornali clandestini, gli intellettuali che non si piegarono, i parroci che rimasero vicini al loro gregge ferito. Le vittime innocenti delle tante stragi che, in quella terribile stagione, insanguinarono il nostro Paese».

Mattarella ad Acerra cita "Bella Ciao"

Il Presidente della Repubblica ha quindi sottolineato che «oggi, in questa imprevedibile e drammatica stagione che attraversiamo in Europa, il valore della Resistenza - la resistenza all’aggressione, all’odio, alle stragi, alla barbarie contro i civili - supera i suoi stessi limiti temporali e geografici. Nelle prime ore del mattino del 24 febbraio siamo stati tutti raggiunti dalla notizia che le Forze armate della Federazione Russa avevano invaso l’Ucraina, entrando nel suo territorio da molti punti diversi, in direzione di Kiev, di Karkiv, di Donetsk, di Mariupol, di Odessa. Come tutti, quel giorno, ho avvertito un pesante senso di allarme, di tristezza, di indignazione». «A questi sentimenti - ha proseguito il Capo dello Stato - si è subito affiancato il pensiero agli ucraini svegliati dalle bombe e dal rumore dei carri armati. E, pensando a loro, mi sono venute in mente - come alla senatrice Liliana Segre - le parole: "Questa mattina mi sono svegliato e ho trovato l’invasor". Sappiamo tutti da dove sono tratte queste parole. Sono le prime di "Bella ciao". Questo tornare indietro della storia rappresenta un pericolo non soltanto per l’Ucraina ma per tutti gli europei, per l’intera comunità internazionale. Come ho sottolineato tre giorni fa davanti alle associazioni partigiane, combattentistiche e d’arma, avvertiamo l’esigenza di fermare subito, con determinazione, questa deriva di guerra prima che possa ulteriormente disarticolare la convivenza internazionale, prima che possa tragicamente estendersi».