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La Mostra del Cinema di Venezia, edizione 76, è giunta al tanto agognato giro di boa, il giorno 6 è iniziato con il secondo film italiano in concorso, Martin Eden
di Pietro Marcello, con protagonista una continua conferma del cinema italiano e internazionale: Luca Marinelli. Prima di immergersi nella seconda settimana di Festival però, diamo uno sguardo indietro a un week- end che ha visto il Festival giocarsi delle carte molto importanti. In concorso è stato presentato infatti
Joker di Todd Phillips che ha potuto contare sull’immensa bravura di un genio come Joaquin Phoenix.
Sulla carta un cinecomic, Joker ha messo d’accordo tutti, il lento evolversi o involvere di Arthur Fleck nel villain ( o forse eroe) per eccellenza, nello storico antagonista di Batman, ha lasciato pubblico e stampa letteralmente a bocca aperta. Arthur Fleck, da debole e giovane ragazzo che fa il clown in strada, ride quando non dovrebbe e che nella vita vorrebbe far sorridere e ridere le persone, si confronta con un mondo che non accetta il suo diverso approccio alla vita e vuole rinchiuderlo dentro una continua mancanza di empatia.
Attraverso Joker, la trasformazione di Arthur in un essere più spaventoso perché più libero e senza controllo, Todd Phillips immortala il momento esatto in cui tutti decidiamo da che parte stare e dove continuare il nostro percorso nella vita, dove indirizzare ambizioni, dolore, speranze, mancanza di empatia e comprensione. Verso il bene o verso il male? Joaquin Phoenix danza, ride, strega la macchina da presa e compie la trasformazione con ogni fibra del suo essere. Joker è liberatorio e anche politico, Arthur Fleck e il suo Joker diventano dei simboli di rivolta loro malgrado. Se Phoenix non vincesse la coppa Volpi come miglior attore sarebbe un peccato immenso ma l’Oscar a febbraio dovrebbe essere obbligatorio.
Un altro genio, di altra natura si è confrontato in concorso, nel week- end in una selezione varia e dai sentimenti contrastanti: Pablo Larrain con Ema.
Storia di una donna, una ballerina, una fata e vampira di emozioni, amore, desideri e passioni. Larraìn racconta il presente, una generazione che non è la sua e non ha mai rappresentato prima e lo fa con una coreografia che sembra durare tutto il film, il reggaeton, un’attrice magnetica come la quasi esordiente Mariana Di Girolamo ( la coppa Volpi anche qui sarebbe meritatissima) e un attore amico Gael Garcìa Bernal che diretto da Larrain, sembra danzare abbandonandosi al genio del suo regista.
Tornando al sesto giorno di Mostra, Martin Eden è liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Jack London ed è un film dedicato, come sostiene lo stesso regista, agli autodidatti, a chi ha creduto e crede ancora nella cultura come strumento di emancipazione. Per questo motivo, è un film attuale, che anticipa il futuro.
Pietro Marcello chiarisce il suo approccio al film e alla trasformazione di un romanzo come questo: «Poteva essere un rischio? Sì, ma ai rischi si pensa dopo. Noi pensavamo al fare. Può essere interpretato come un azzardo, ma mi sono sentito abbastanza solido. Avevo letto il libro venti anni prima grazie a Maurizio Braucci ( co- sceneggiatore), che mi ha proposto di farlo». Il regista spiega la sua interpretazione di Martin Eden: «Ho trovato una storia universale, la storia di un ragazzo che diventa uomo, un ragazzo che si emancipa e riscatta attraverso la cultura. In un certo senso è la storia di Jack London, di tanti di noi. È una trasposizione perché non abbiamo questa cultura della marineria anglosassone in Italia, per questo l’abbiamo ambientato al sud, a Napoli».
Luca Marinelli confessa di aver realizzato un sogno nell’esser diretto da Pietro Marcello: «Dopo la visione di Bella e perduta ricordo solamente le mie lacrime, la mia energia nel dire: “Fa’ che mi chiami questo regista!”. Un giorno è arrivata questa chiamata. Il lavoro sul personaggio è cominciato dalla lettura del libro e delle prime stesure della sceneggiatura. È stato sempre un dialogo attivo tra anime. Il lavoro più tecnico è stato andare a Napoli, lavorare sulla lingua napoletana e poi fare il film che è un’altra cosa ancora».
Martin Eden dimostra più che mai che Luca Marinelli può essenzialmente recitare qualsiasi testo, fare qualsiasi cosa. Fuori concorso il sesto giorno riserva un’altra bella e piacevole sorpresa, The King di David Michôd, tratto dall’opera shakespeariana Enrico V con Timothée Chalamet nei panni del giovane re e Joel Edgerton ( che firma anche la sceneggiatura del film) in quelli del fedele amico John Falstaff. È il terzo film in selezione ufficiale targato Netflix ed è in tutto e per tutto un racconto di formazione, molto intenso in cui l’ascesa di un Re diventa anche il punto del suo passaggio all’età adulta. Timothée Chalamet conferma che Luca Guadagnino Chiamami con il tuo nome ci aveva visto giusto, dona al giovane Enrico il giusto equilibrio tra la fragilità di chi ha appena iniziato la post adolescenza e la consapevolezza di un periodo storico e un ruolo familiare che non lascia spazio alla giovinezza, all’amicizia vera, ai legami.
The King segue l’evoluzione di un ragazzo che diventa uomo, imparando con tradimenti, perdite, sudore e sangue che si diventa adulti veramente quando non possiamo fidarci di nessuno se non di noi stessi.