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Ilda Boccassini e Alberto Nobili indagati per abuso d'ufficio
Giorni di polemiche hanno seguito la pubblicazione del libro autobiografico di Ilda Boccasini, "La stanza numero 30. Cronache di una vità (Feltrinelli editore), nel quale l’ex magistrato racconta intimi dettagli del suo rapporto con Giovanni Falcone. Polemiche a cui ha fatto da contraltare il silenzio della famiglia del giudice, rimasto ucciso nell’attentato di Capaci insieme alla moglie Francesca Morvillo e ai tre uomini della scorta. A parlare per prima è, però, oggi, la sorella Maria, in una lettera inviata a "La Sicilia" a commento di un intervento "satirico" sul quotidiano di Ottavio Cappellani sul libro di Boccassini. «Quel che allarma - sostiene Maria Falcone - innanzitutto è che sembra si sia smarrito ormai qualunque senso del pudore e del rispetto prima di tutto dei propri sentimenti (che si sostiene essere stati autentici), poi della vita e della sfera intima di persone che, purtroppo, non ci sono più, non possono più esprimersi su episodi veri o presunti che siano e che - ne sono certa - avrebbero vissuto questa violazione del privato come un’offesa profonda». A scatenare le polemiche, era stata la "confessione" di Boccassini di quella notte trascorsa in aereo assieme al giudice Falcone mentre si recavano in Argentina per l’interrogatorio di un boss. La sorella del giudice afferma che aveva «finora preferito evitare commenti su una vicenda che mi ha molto amareggiata, ritenendo che il silenzio, di fronte a parole tanto inopportune, fosse la scelta più sensata». Ma poi mostra di aver cambiato idea, perché «è impossibile non replicare» quando «si supera il limite e si arriva, forse paradossalmente con fini opposti, a commenti inappropriati che scadono nella ridicolizzazione». Nel dettaglio, poi, la sorella del giudice fa riferimento all’intervento di Cappellani, autore catanese noto per le sue provocazioni. Lo scrittore prova a immaginare, in una chiave diversa, una scena descritta da Boccassini nel suo libro, «lei con tutta quella capigliatura riccia sull’aereo per l’Argentina, in quel »lusso rilassante« (…) appoggiata per tutto il tempo, dico »per tutto il tempo«, dall’Italia all’Argentina, sulla spalla di Giovanni Falcone, ascoltando Gianna Nannini, che uno si immagina Falcone, »per tutto il tempo«, con Gianna Nannini nell’orecchio e i capelli ricci della Boccassini nel naso che gli prudono,col braccio addormentato e la Boccassini che si struscia e canticchia». Per Maria Falcone «del quale non riesco bene neppure a comprendere il senso - forse voleva essere una critica al libro della dottoressa Boccassini, ma anche leggendolo più volte non è chiaro - mi pare si sia superato il limite. Questo immaginare scenette da sit-com di basso livello, questo descrivere due persone, che hanno fatto della compostezza e della riservatezza regole di vita e che sono state uccise per difendere la democrazia nel nostro Paese, come ridicoli protagonisti di un romanzetto di quart’ordine è vergognoso». E conclude: «In nome della libertà di espressione del pensiero non si può calpestare la memoria di chi non c’è più e la sensibilità di chi è rimasto e ogni giorno deve confrontarsi con un dolore che non può passare».