È un passaggio traumatico e di importanza quasi storica, che allontana ancora di più la Russia di Vladimir Putin dalla comunità internazionale e che è stato accolto dal Cremlino con malcelata rabbia.

La Corte penale internazionale ha infatti emesso un mandato di arresto per il presidente russo ritenuto responsabile dei crimini di guerra commessi dall’esercito di Mosca in Ucraina. Putin, si legge in un comunicato della Cpi, è accusato del "crimini di guerra di deportazione della popolazione" e di "trasferimento illegale della popolazione", in particolare bambini dalle aree occupate dalle truppe di Mosca in Ucraina dall'inizio della guerra.

«Ci sono fondate ragioni», si legge ancora nel comunicato dall'Aja, «per ritenere che Putin abbia responsabilità penali individuali per i crimini sopra menzionati». I giudici della Corte hanno spiccato un mandato di arresto anche per la commissaria russa per i diritti dei bambini, Maria Lvova-Belova, accusata degli stessi crimini del suo presidente. Dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina, Kiev stima che siano oltre 16 mila i bambini trasferiti forzatamente in Russia o nelle zone occupate dall’esercito russo.

In precedenza, gli inquirenti delle Nazioni Unite avevano stabilito che la deportazione forzata di bambini ucraini equivaleva a un crimine di guerra. La Commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite sull'Ucraina ha affermato che vi sono prove del trasferimento illegale di centinaia di bambini ucraini in Russia. Molto dettagliata la spiegazione del procuratore della Cpi Karim Khan. «Attraverso decreti presidenziali emanati dal presidente Putin ha accelerato il conferimento della cittadinanza russa, rendendo più facile l'adozione da parte di famiglie russe. Il mio Ufficio sostiene che questi atti, tra gli altri, dimostrano l'intenzione di allontanare definitivamente questi bambini dal loro Paese. I bambini ucraini erano persone protette dalla Quarta Convenzione di Ginevra». Il rapporto della Commissione afferma che la Russia ha commesso anche altri crimini di guerra in Ucraina, tra cui attacchi a ospedali, torture, stupri e omicidi volontari.

La Russia dal canto ha ripetutamente negato di aver commesso crimini nel corso di quella che fin dal 24 febbraio del 2022 chiama "operazione militare speciale", rifiutandosi di definirla una guerra.

Da Mosca la reazione è furiosa e sprezzante allo stesso tempo: "Le decisioni della Corte penale internazionale non hanno alcun significato per la Russia e dal punto di vista legale sono nulle", ha tuonato la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, sottolineando che la Russia ha ritirato la sua firma dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale e non ha obblighi ai sensi di esso. «Non collaboriamo con questo organismo» e i possibili mandati di arresto provenienti dalla Corte internazionale «saranno legalmente insignificanti per noi».

Esultanza invece dai palazzi di Kiev. La presidenza ucraina ha definito "storica" la decisione della Corte penale internazionale e lo ha definito "solo un primo passo" per fare giustizia dopo l'invasione dell'Ucraina. "Questo è solo l'inizio", ha aggiunto sui social il responsabile dello staff presidenziale ucraino Andriy Yermak.

Anche l’Alto rappresentante dell’Ue per la Politica estera, Josep Borrell, saluta la decisione della Cpi: «Si tratta di un’importante decisione della giustizia internazionale e per il popolo ucraino. Noi abbiamo sempre detto che i responsabili dell’aggressione illegale contro l’Ucraina devono essere portati alla giustizia. E questo mandato è solo l’inizio nel processo contro i leader russi per i crimini e le atrocità commessi in Ucraina. L’Ueapprezza e sostiene il lavoro della Corte penale internazionale e le sue inchieste. Non ci può essere impunità».