L’Italia è «il principale beneficiario» del «meccanismo volontario di solidarietà» per i ricollocamenti di migranti, con «Francia e Germania» come partner principali. Finora sono stati ricollocati «117 migranti» dall’Italia in altri Paesi, «so che il numero non sembra molto, ma abbiamo 8mila impegni» di ricollocamento. È un meccanismo che «funziona». Lo dice la portavoce della Commissione Europea per gli Affari Interni Anitta Hipper, durante il briefing con la stampa a Bruxelles. «Non facciamo differenze» tra le navi delle Ong e le altre, «c’è un obbligo giuridico chiaro e inequivoco: il salvataggio della vita umana deve esserci, quali che siano le circostanze che conducono le persone a trovarsi in una situazione di difficoltà». Lo dice la portavoce della Commissione Europea per gli Affari Interni, Anitta Hipper, durante il briefing con la stampa a Bruxelles, dopo il braccio di ferro degli ultimi giorni tra la Francia e l'Italia.

Sos Mediterranee: «Chi si trova in pericolo in mare va salvato: questo principio non è negoziabile»

Intanto Sos Mediterranee replica alla dichiarazione congiunta inviata all’Ue da Italia, Cipro, Malta e Grecia, sull’operato delle Ong e sul ricollocamento in Europa dei migranti. «Chi si trova in pericolo in mare va salvato - scrive l'Ong - questo principio non è negoziabile». «Leggiamo che in questa dichiarazione si accenna a un presunto "tradimento dello spirito delle norme internazionale" da parte delle Ong - sottolinea all’Adnkronos Francesco Creazzo, portavoce di Sos Med - Non si capisce però quale sarebbe lo "spirito delle norme" cui si fa riferimento se non quello di salvare il più alto numero di vite possibile in mare». Creazzo evidenzia come «ai fini del diritto internazionale, non rileva se chi salva vite lo faccia per caso o per intento, né rileva che chi si trova in pericolo vi si trovi perché migrante o perché turista a bordo di uno yacht. Chi si trova in pericolo in mare va salvato: questo principio non è negoziabile». «Noi - aggiunge - abbiamo sempre sostenuto e continuiamo a sostenere la necessità di un approccio integrato degli Stati europei al soccorso in mare e al ricollocamento delle persone soccorse. Questo però non modifica minimamente i doveri degli Stati costieri di salvaguardare la vita in mare. Nessuno stato può unilateralmente riformare i trattati internazionali, né appellarsi a interpretazioni novelle e minoritarie che giustifichino posizioni disumane e illegali nei confronti di chi rischia la vita in mare e di chi si impegna per soccorrere».