Roberto Giachetti di “Italia Viva” ha presentato una interrogazione a risposta scritta ai ministri Bonafede e Speranza sul caso di Antonino Tomaselli, malato terminale per un tumore ai polmoni, detenuto in custodia cautelare in regime di 41 bis presso il carcere di Opera.

Per un malato oncologico con una aspettativa di vita ridottissima è compatibile il carcere e in particolare modo il regime duro? Il parlamentare evidenzia che “Tomaselli non è imputato, né mai lo è stato in passato, per fatti di sangue” ma per il riesame e la Cassazione “le condizioni di salute in cui versa il Tomaselli non risultano modificate in peggio malgrado la gravissima malattia da cui l'indagato è affetto” e quindi sono compatibili con la detenzione al 41 bis. Giachetti, dunque, si chiede se tutto questo rispetti l’articolo 1 del decreto legislativo che riordina la medicina penitenziaria per cui “i detenuti e gli internati hanno diritto, al pari dei cittadini in stato di libertà, alla erogazione” delle stesse prestazioni sanitarie.

Come ci dice infatti uno dei suoi legali, l’avvocato Eugenio Minniti, che lo segue insieme a Giorgio Antoci: «Abbiamo censurato l’assoluta inefficienza della dirigenza sanitaria del carcere di Opera in quanto è stato omesso ogni protocollo terapeutico finalizzato a preservare le condizioni di salute del signor Tomaselli sulla scorta inoltre di quanto disposto dal tribunale della libertà di Catania che aveva previsto tutta una serie di cautele da adottare per tamponare la situazione drammatica in cui versa l’uomo a cui resta un anno di vita. Noi chiediamo che venga trasferito in un centro specializzato per fronteggiare le gravissime condizioni di salute. Ad oggi viene lasciato morire in carcere un soggetto che è in custodia cautelare preventiva e non accusato di reati omicidiari». La questione era stata sollevata proprio su Il Dubbio dall’esponente del Partito Radicale Rita Bernardini che commenta così oggi: «I fanatici e i cretini, diceva Sciascia più di trent'anni fa, credono che la terribilità delle pene ( compresa quella di morte), la repressione violenta e indiscriminata, l'abolizione dei diritti dei singoli, siano gli strumenti migliori per combattere certi tipi di delitti e associazioni criminali come la mafia. Quando lo Stato, violando i diritti umani, utilizza gli stessi metodi dei peggiori assassini, moltiplica il male fatto contagiando con il virus della violenza l'intera società».