Parole, quelle pronunciate dal segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin, che alimentano la paura di un’escalation incontrollata della guerra che potrebbe tracimare dalle frontiere ucraine e coinvolgere i nuovi “blocchi”. Ovvero la Russia con l’alleato cinese accusato dagli Stati Uniti di aver fornito armi sottobanco all’esercito di Mosca. Washington non ha le prove sulla fornitura di armi, ma se questa dovesse essere dimostrata «prolungherebbe il conflitto in Ucraina e certamente lo amplierebbe potenzialmente non solo nella regione ma a livello globale».

È quanto ha affermato da Austin nel corso dell’ audizione davanti alla sottocommissione Difesa della commissione Stanziamenti della Camera dei rappresentanti. Insomma, le Forze Armate Usa devono prepararsi a un possibile confronto diretto con la Cina. Concetto sottolineato anche dal capo degli Stati Maggiori Riuniti, il generale Mark Milley.

I due leader del Pentagono hanno chiesto di approvare il bilancio di 842 miliardi di dollari proposto al Congresso, sostenendo la necessità della modernizzazione delle forze Usa in Asia e nel mondo. «È un bilancio fondato su una strategia e dalla serietà della nostra competizione strategica con la Cina», ha detto Austin. Sottolineando la necessità di acquisire nuove tecnologie, come quella ipersonica,

Austin ha riferito che il bilancio prevede di impiegare oltre 9 miliardi di dollari, il 40% in più rispetto all’anno precedente, per rafforzare le capacità militari Usa nel Pacifico a difesa degli alleati. Le azioni cinesi, ha detto il generale Milley, «si muovono in direzione di un confronto e di un potenziale conflitto con i suoi vicini e possibilmente con gli Stati Uniti». Allestire la deterrenza e prepararsi alla guerra «è straordinariamente costoso, ma non così costoso come combattere una guerra. E questo bilancio previene la guerra e ci prepara a combatterla se necessario», ha affermato Milley. Intanto si sta complicando l’ipotesi di un colloquio tra il presidente cinese, Xi Jinping, e il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. Le aspettative per un dialogo, che sarebbe il primo tra i due dall’invasione dell’Ucraina sembrano affievolirsi: Kiev ammette «difficoltà» nelle linee di comunicazione, mentre Pechino si trincera dietro formula vaghe, in assenza di annunci significativi. L’attesa era - ed è tuttora - per un colloquio dopo la visita del presidente cinese a Mosca, conclusasi mercoledì scorso: finora, però, Xi ha sempre e solo parlato con Vladimir Putin, che lo ha accolto con tutti gli onori al Cremlino all’inizio di questa settimana, per la prima visita all’estero di Xi da quando è stato eletto per la terza volta consecutiva presidente cinese. La Cina ripete di considerarsi «neutrale» rispetto al conflitto, ma è spesso accusata di essere allineata alla propaganda di Mosca, con cui ha stabilito, lo scorso anno, proprio poche settimane prima dell’inizio della guerra, una partnership «senza limiti». Il colloquio con il presidente cinese riveste un ’importanza primaria per l’

Ucraina, perchè «oggi non c’è praticamente nessuno, tranne il presidente Zelensky, che possa spiegare anche ai Paesi neutrali, le conseguenze di un modo sbagliato di porre fine a questa guerra», ha detto il consigliere del presidente ucraino, Mikhail Podoliak.