“Cara Tefta, io non ti conosco, eppure in qualche modo la sorte, la cattiva sorte, fa di noi due persone vicine. So bene che il dolore ciascuno lo attraversa a modo proprio ma devi credermi se ti dico che io penso di sapere cosa stai provando. Io lo so perché sono passata nel tuo stesso buio. L’11 maggio di due anni fa mio figlio Mirko provò a difendermi dall'uomo violento che avevo malauguratamente amato e che avevo poi lasciato e denunciato, quando la nostra storia era diventata per me una prigione. Quell’11 maggio si presentò all’alba armato della sua vendetta. E cominciò a colpirmi con un coltellaccio: una, due, tre, 18 volte”. Così in una lettera, affidata alle pagine de Il Corriere della sera, scrive Paola Piras, la donna di Tortolì di 52 anni, aggredita dall’ex compagno dal quale tentò di difenderla il figlio Mirko, di 19, ucciso da Masih Shahid, il 30enne pakistano condannato all’ergastolo per l’omicidio del ragazzo.

Il messaggio fa riferimento al duplice omicidio di Torremaggiore, nel foggiano, ed è indirizzato a Tefta Malaj, la cui figlia Gessica di 16 anni è morta nel tentativo di difendere sua madre dalla furia del padre: l’uomo, Taulant Malaj, panettiere albanese di 45 anni ha ucciso la figlia e Massimo De Santis, che riteneva essere il presunto amante della moglie. L’altro figlioletto di 5 anni è sopravvissuto: i carabinieri lo hanno trovato nascosto in casa, dietro il divano, sotto choc. 

“Mirko come tua figlia Gessica. Due ragazzi perduti per difenderci da uomini tanto forti di violenza quanto privi di coraggio per sopportare un addio - scrive ancora Piras -. Ho pensato tante volte, a questo tipo di uomini. Non siete capaci di reggere l'abbandono? Sentite di non poter più vivere senza la donna che vi ha lasciato? Se tutto questo diventa per voi così tanto distruttivo, uccidetevi. Rivolgete a voi stessi il male che avete dentro, oppure fatevi aiutare a liberarvene”. “E poi ti auguro che nessuno, dall’esterno, osi mai dire che è stata colpa tua, perché quello fa male, avvelena i pensieri, ti mette sullo stesso piano dell’assassino. Una malignità. Con me l’hanno fatto più volte - racconta Piras - Colpa mia, ha detto qualcuno, perché, dopo la separazione, non sono stata solo madre e santa ma mi sono avventurata in una storia sbagliata, con un uomo violento, per di più pachistano”.