La più grande comunità di musulmani al mondo è quella indiana ( più numerosa degli abitanti dei maggiori Paesi islamici) ed ora è molto arrabbiata. Le proteste di piazza hanno infatti scatenato diverse violenze e si contano già almeno sei morti.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata una assai controversa legge varata dal governo nazionalista indù del premier Narendra Modi che vuole facilitare l’assunzione della cittadinanza ai profughi, ma selezionandoli in base alla religione di appartenenza.

Vanno quindi benissimo gli indù, i sikh, i giainisti, i buddisti, e anche i cristiani, ma sono esclusi da queste facilitazioni i musulmani, e anche gli ebrei e gli atei. La legge è pensata per favorire i profughi da Paesi vicini come Bangladesh, Pakistan e Afghanistan, con l’idea di tutelare le minoranze perseguitate, ma matura nel clima di crescente nazionalismo indù che percorre da alcuni anni l’India.

E suscita la rabbia dei musulmani, che sono più del 15 per cento della popolazione indiana, e che oltre a denunciare la discriminazione verso i loro correligionari, temono che il provvedimento sia il primo passo formale verso l’abbattimento del sistema laico dello Stato e verso la declassificazione dei musulmani indiani a cittadini di seconda categoria.

Le manifestazioni si sono concentrate soprattutto nelle aeree settentrionali, quelle con più abitanti islamici ma anche quelle più vicine ai confini caldi che temono una “invasione” di profughi e un inasprimento della tensione con il Pakistan, con cui l’India è già ai ferri corti per una legge che limita l’autonomia del Kashmir islamico.

Scontri in Assam, nel Bengala Occidentale e a New Delhi. In alcune zone internet è stato bloccato ed è stato imposto un coprifuoco nel tentativo di arginare le proteste.

La circolazione dei treni è stata sospesa. Delle sei vittime, quattro sono state raggiunte da spari della polizia, una è stata picchiata a morte dai manifestanti e l’ultima è morta bruciata nel rogo del negozio dove dormiva. Alcuni treni sono stati dati alle fiamme.

Il ministro dell’Interno indiano ha nel frattempo lanciato un appello alla calma, affermando che le culture locali degli Stati del nordest non sono minacciate, come temono i manifestanti.

L’opposizione e molte organizzazioni a difesa dei diritti umani hanno fortemente stigmatizzato la legge che denunciano come discriminatoria.