Il filosofo Massimo Cacciari dà la scossa a Pd e M5S e in vista delle Regionali è netto: che cerchino un accordo, soprattutto in Lombardia - dice - La Moratti potrebbe portar via un po’ di voti al centrodestra e Pd e Cinque Stelle dovrebbero convergere su Majorino, che non è certo un renziano: insomma, he si mettano d’accordo e giochino la partita». E sulla manovra del governo è tranchant: «penso che il governo starà bene attento a togliere definitivamente il reddito di cittadinanza, a meno che non voglia regalare altri cinque o sei punti percentuali ai Cinque Stelle».

Professor Cacciari, che giudizio dà della manovra economica del governo Meloni e in particolare e dello stop al reddito di cittadinanza?

Non si discute neanche questa volta nel merito del problema. Che il reddito di cittadinanza andasse rivisto mi pare indubbio visti i risultati assai modesti e soltanto in termini assistenziali raggiunti, ma mi pare che la manovra del governo si riduca al tentativo di risparmiare un po’ di soldi. Non vi è traccia di una nuova politica dell’occupazione. Da una parte l’opposizione fa il suo mestiere e ne dice male, dall’altra il governo è costretto a vivacchiare sia per la sua composizione interna sia per la crisi internazionale.

L’opposizione ha reagito in maniera diversa, con il Pd che ha chiamato alla piazza, il Movimento 5 Stelle sul piede di guerra e il terzo polo che cerca il dialogo. Che ne pensa?

Penso che nessuna forza di opposizione sia in grado di svolgere una politica vera, radicale e costruttiva nei confronti del governo. Il governo non modifica nulla sull’assetto del reddito, che rimane uno schifo assistenzialistico.

Beh, dal 2024 lo abolisce…

Bisogna vedere se ci arrivano al 2024, visto che l’inizio non è dei più stupefacenti. Si terrà conto non tanto delle manifestazioni di piazza che non esistono ma del comportamento degli elettori alle prossime tornate. In ogni caso penso che il governo starà bene attento a togliere definitivamente il reddito di cittadinanza, a meno che non voglia regalare altri cinque o sei punti percentuali ai Cinque Stelle.

A proposito di prossime tornate elettorali, Lazio e Lombardia possono essere una rivincita per il centrosinistra rispetto alle Politiche?

Se Pd e Movimento 5 Stelle vanno insieme sì. Se vogliono vincere devono trovare una quadra, se invece vogliono perdere è inutile anche che stiamo a discutere. E non è una questione di nomi. In politica si scelgono insieme sia la linea che le persone, perché le idee camminano sempre sulle gambe di queste. Quindi quando si sceglie una linea si scelgono anche persone che hanno progettato, promosso e sostenuto quella linea.

Finirà con il Movimento 5 Stelle che fagocita il Pd?

I Cinque Stelle non fagociteranno mai il Pd. Il Pd può azzerarsi, come sembra aver voglia di fare, ma ai Cinque Stelle andranno sì e no il 10 per cento dei suoi voti. Gli altri finiranno al terzo polo, dispersi o in astensione. Quindi se il M5S ha intenzione di fare un’opa sul Pd sbaglia in modo grossolano. Che cerchino un accordo, soprattutto in Lombardia. La Moratti potrebbe portar via un po’ di voti al centrodestra e Pd e Cinque Stelle dovrebbero convergere su Majorino, che non è certo un renziano. Che si mettano d’accordo e giochino la partita.

Può essere Bonaccini l’uomo giusto per i dem?

Non è il problema dell’uomo, ma della strategia e dei contenuti. Cioè se andare coi Cinque Stelle o no, poi si troverà l’uomo. Non so neanche di cosa parli Bonaccini o che idee abbia.

Per molti versi però la strategia del Pd e del M5S è diversa, basti pensare al termovalorizzatore di Roma. Come se ne esce?

Non si tratta di decidere su un termovalorizzatore, è una questione di politica energetica. Il nostro paese ha avuto una politica energetica fallimentare liquidando ogni prospettiva sul nucleare, ritardando la partenza delle energie alternative e massacrando le nostre risorse di metano spendendole per scaldare il Mezzogiorno invece che per sviluppare una chimica fine. Il termovalorizzatore si può fare o meno ma non cambia niente. È un problema di politica energetica, e vale la stessa cosa per la politica fiscale e sociale o per l’occupazione.

Cioè?

Si tratta di grandi politiche che nessun governo in questo paese è in grado di farle. Quella del governo Meloni è una micromanovra sul cuneo fiscale quasi impercettibile ma è comunque qualcosa. Se mi danno un centesimo è sempre meglio di non avere soldi, ma l’incidenza che può avere è minima.

Tra i provvedimenti c’è quota 103 per un anno, cioè 41 anni di contributi e 62 di età. Che ne pensa?

Il problema delle pensioni è una cosa da manicomio. L’idea di poter ridurre l’età pensionabile senza rapportarla all’invecchiamento della popolazione è assurda. Tra qualche anno saremo in una situazione in cui non si potranno più pagare le pensioni. Continuiamo ad aumentare il numero dei pensionati e questo è il problema. Bisognerebbe essere molto responsabili e fare una politica attiva del lavoro non pensando che nel momento in cui qualcuno va in pensione viene assunto un giovane perché non è vero.