Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza Politica a Bologna, spiega che «la leadership di Conte è notoriamente inadeguata e ora teme che gli sfugga la parte a sinistra del Movimento» ma che nella rivalità tra il presidente del Consiglio e il suo predecessore «Draghi la sta prendendo con filosofia, perché sa da tempo che il M5S non è l’alleato affidabile per eccellenza». Sul futuro della guerra e di Putin è netto: «Quando qualcuno inizia una guerra e non la vince poi è ovvio che qualcun altro ne chiede la testa, o quantomeno il posto».

Professor Pasquino, da cosa deriva la battaglia del M5S sull’aumento delle spese militari?

Da un lato, come sempre per i Cinque Stelle, c’è un problema di insipienza, nel senso che non sanno cosa vogliono e non sanno come ottenere quello di cui non sono nemmeno convinti. In più, rispetto alla Russia hanno avuto un atteggiamento ambiguo visto che una parte è putiniana e quindi questo atteggiamento non mi sorprende. L’aumento della spesa militare fino al 2 per cento del Pil è già stato deciso nel 2014 e quindi stiamo solo adempiendo a un impegno del passato.

Pensa che questa situazione porterà a una rottura dell’alleanza con il Pd?

La leadership di Conte è notoriamente inadeguata e ora teme che gli sfugga la parte a sinistra del Movimento, visto che quella a destra è già con Di Maio. I rapporti tra Pd e Cinque Stelle non sono mai stati buoni. Prima conveniva a Letta che non apparissero così cattivi come ora ma detto questo è anche vero che il M5S non ha altro luogo dove andare. I grillini hanno bisogno del Pd e viceversa quindi forse sperano che il tempo sistemi i guai di una collaborazione comunque molto difficile.

Crede che la maggioranza di governo sia a rischio?

Potrebbe esserci uno strappo da parte del Movimento, ma se dovesse accadere sarà comunque di una parte, non di tutto il gruppo parlamentare. Anche perché se Conte strappa si ridurrebbe ancora di più il numero dei parlamentari grillini ma in ogni caso una parte di loro rimarrà con Di Maio e con il governo.

Fino a dove arriverà lo scontro tra Conte e Di Maio?

Draghi la sta prendendo con filosofia. Sa da tempo che il M5S non è l’alleato affidabile per eccellenza, per usare un eufemismo, e spera che gli eventuali vuoti del Movimento possano essere colmati in qualche modo, magari politicamente, anche se non in maniera esplicita, anche da Fratelli d’Italia. Certamente con una crisi di governo daremmo un’altra prova di inaffidabilità ma quello che conta sono le posizioni degli esponenti più in vista, da Draghi a Gentiloni, fino a Di Maio. E poi c’è sempre Mattarella a fare da garante.

Come vede il centrodestra in questa partita?

La meglio messa è Meloni, mentre gli altri sono malconci. Berlusconi è declinante e non conta quasi più nulla, Salvini deve riprendersi dagli errori fatti in passato ma non sarà facile. Gli elettori premiano Meloni per la coerenza e perché ora c’è bisogno del rafforzamento della difesa nazionale ed europea.

A proposito: come giudica la risposta dell’Ue di fronte alla crisi ucraina?

Credo che dopo l’esperienza del Covid, sulla crisi ucraina l’Ue stia agendo con molta rapidità. Il problema è riuscire a supplire alle fonti energetiche che stanno venendo meno e anche su questo è necessario un forte coordinamento. Draghi ha suggerito un metodo, vediamo se i soliti Paesi Bassi, Danimarca e altri seguiranno questa strada. Il tema della difesa comune europa purtroppo non si risolve con la bacchetta magica ma i primi passi sono stati fatti: vediamo se saremo in grado di portare avanti la questione.

Finirà con Donbass e Crimea alla Russia e Kiev nell’Ue ma fuori dalla Nato?

Finora l’Ue ha offerto l’adesione a Kiev e sta accettando le sue richieste finendo armi. I negoziati stanno proseguendo, certo si può fare sempre meglio ma l’importante è fare tanti passi avanti piuttosto che farne uno lungo rapidamente e magari sbagliato. Penso che la ciambella di salvataggio dell’Ucraina sia proprio l’adesione all’Ue e così facendo si allargherebbe il perimetro della democrazia nel vecchio continente.

Crede all’ipotesi di una cacciata di Putin dall’interno, per mano dei quadri di Mosca?

Quando qualcuno inizia una guerra e non la vince poi è ovvio che qualcun altro ne chiede la testa. O quantomeno il posto. Putin uscirà indebolito e se gli oligarchi troveranno qualcuno in grado di sostituirlo cercheranno di spodestarlo. Anche perché molti di loro ci hanno rimesso un sacco di soldi, a partire dagli yacht e dai lussi ai quali erano abituati e ai quali ora devono rinunciare.