Nuova tegola per Donald Trump, assediato dagli scandali ( Russiagate, Kievgate), incalzato dai suoi stessi compagni di partito furiosi per la decisione di abbandonare il kurdistan siriano all’esercito di Erdogan, il presidente Usa dovrà infatti sottoporre all’autorità giudiziaria otto anni di dichiarazioni fiscali. Lo ha stabilito ieri mattina il giudice Victor Marreo, della corte federale di Manhattan, respingendo gli argomenti presentati dai difensori di Trump, secondo i quali un’indagine sul presidente ne comprometterebbe la capacità di assolvere ai suoi doveri costituzionali.

I legali del presidente Usa hanno già annunciato ricorso contro la sentenza odierna e promettono battaglia. Gli oppositori di Trump da tempo chiedono che l’inquilino della Casa Bianca, in linea con quanto fatto dai suoi predecessori, renda pubbliche le sue dichiarazioni dei redditi, tanto più che il suo mestiere di imprenditore milionario rende ancora più a rischio la possibilità del conflitto di interesse.

La richiesta è poi stata avanzata anche dal procuratore distrettuale Cyrus Vance Jr., nell’ambito dell’indagine sui presunti pagamenti illeciti effettuati da Trump nei confronti di due donne, tra le quali la porno attrice Stormy Daniels.

Nell’indagine di Vance è coinvolto anche Michael Cohen, ax avvocato di Trump, ora in carcere. Il presidente Usa ha negato di avere avuto una relazione con la Daniels e accusato Vance, che è un democratico, di condurre la sua inchiesta spinto da motivazioni politiche.

La richiesta della procura di accedere alle dichiarazioni fiscali del presidente nasce dalla possibilità di appurare se Trump violò le leggi dello Stato di New York nel presentare false fatture in modo da rimborsare i soldi anticipati dal suo ex legale, Michael Cohen, e destinati a «comprare il silenzio» delle due donne per coprire uno scandalo sessuale che avrebbe compromesso la sua amministrazione.