Il decreto Cutro non ferma gli sbarchi. In ventiquattro ore nella sola Lampedusa sono arrivate cinquanta imbarcazioni, mentre tutto il Mediterraneo pullula di profughi in difficoltà che chiedono aiuto. Ieri, tra Calabria e Sicilia, sono state impegnate in operazioni di soccorso ben otto mezzi della Guardia costiera e le navi della Marina militare Diciotti e Sirio tornate finalmente a svolgere servizio di salvataggio in mare. La sola Diciotti è riuscita infatti a mettere al sicuro ben 480 persone in difficoltà.

È questo il quadro a due giorni dal Cdm calabrese. Un giorno cupo, in cui si registra anche il recupero del corpo della 73esima vittima accertate di Cutro: è un bambino dell’età approssimativa di 5 anni, morto a pochi metri dalla costa. Hanno avuto per fortuna una sorte diversa i 42 migranti che nella notte tra il 9 e il 10 marzo sono finiti in mare a largo di Lampedusa: anche il loro barchino è  affondato ma sono stati tratti tutti in salvo da un peschereccio tunisino e dagli uomini della Guardia costiera.

Per fermare un esodo del genere non basterà un decreto come quello licenziato deu giorni fa dal governo. Una serie di norme con cui «si è scelto ancora una volta di affrontare il tema migratorio con gli strumenti del controllo e della repressione», spiega Fulvio Vassallo Paleologo, avvocato esperto di diritto d’asilo, convinto che la caccia agli scafisti sbandierata dall’esecutivo sia solo «una dichiarazione propagandistica». Non nel merito ma nel metodo. Provare a smantellare la rete dei trafficanti è legittimo «ma presupporrebbe accordi con i Paesi dai quali questi trafficanti provengono e in cui vivono tranquillamente», spiega l’avvocato, che prova ad analizzare i punti più vulnerabili del decreto. «Un conto è fare accordi con alcuni governi per bloccare le partenze, un altro stringere alleanze per contrastare organizzazioni criminali che in alcuni paesi operano indisturbate», dice Vassallo Paleologo, perplesso anche  sulla possibilità italiana di esercitare una giurisdizione in Paesi «che non riconoscono nemmeno l'estradizione verso l'Italia, come nel caso di Egitto e Sudan». Ma uno dei punti più delicati del nuovo pacchetto di norme, secondo l’avvocato, riguarda l’intenzione di limitare, «se non abolire, la protezione umanitaria», un tipo di tutela che, «secondo una giurisprudenza italiana consolidata, è applicazione dell'articolo 10 della Costituzione, che prevede una formula più ampia di protezione anche per chi tecnicamente non avrebbe diritto all'asilo».

L’elenco delle criticità, però, non si esaurirebbe qui. Tra le novità varate dal governo a Cutro c’è anche «l’eliminazione della necessità di convalida da parte del giudice di pace per l’esecuzione dei decreti di espulsione disposti a seguito di condanna», si legge nel comunicato riepilogativo di Palazzo Chigi. «La riduzione delle garanzie procedurali sul terreno dei ricorsi contro decisioni negative rischia di trasformare in irregolari persone che avrebbero avuto diritto a rimanere in Italia quantomeno fino alla fine del procedimento. Rendere

più veloci le espulsioni non serve a nulla», spiega ancora Fulvio Vassallo Paleologo, convinto che una contrazione dei diritti produca solo clandestinità. Del resto, questo provvedimento non fa altro che inserirsi all’interno di un percorso molto lungo iniziato «col decreto Minniti- Orlando del 2017 che prevedeva il taglio dell’Appello per i ricorsi contro diniego dello status di rifugiato». Da questo punto di vista, «Meloni e Salvini non hanno inventato nulla». Ma rendere più veloci le espulsioni «non serve a nulla», insiste l’avvocato. «Per rendere efficaci le espulsioni bisogna ottenere la collaborazione dei Paesi d'origine, non con di quelli di transito. Per essere chiari, la Libia non accetterebbe mai di farsi carico di un sudanese o un nigeriano espulso dall'Italia. È un problema ben noto in tutti i Paesi europei», aggiunge Vassallo Paleologo.

E intanto, mentre scriviamo, Oltre mille persone sono in pericolo al largo delle coste della Calabria. Tre motovedette della Guardia costiera stanno intervenendo per prestare soccorso. Perché un’altra Cutro non si ripeta più.