Paolo Storari rimarrà pubblico ministero a Milano. È quanto ha deciso il Csm in tempo record, rigettando in meno di 24 ore dall’ultima udienza la richiesta di trasferimento e cambio funzioni avanzata dal procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi per aver consegnato i verbali secretati di Piero Amara, ex avvocato esterno dell’Eni, all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo. Storari, ieri, è rimasto davanti alla sezione disciplinare del Csm per quasi due ore. Durante le quali ha spiegato di aver agito in autotutela, per contrastare l’inerzia del suo ufficio che stava ritardando le indagini sulla “Loggia Ungheria”, la cui esistenza era stata svelata da Amara nelle dichiarazioni raccolte da Storari e dalla collega Laura Pedio nell’ambito dell’inchiesta sul “Falso complotto Eni”. Dichiarazioni che meritavano un approfondimento immediato, secondo Storari, ma che rischiavano di mettere in discussione la credibilità non solo di Amara, ma anche quella di Vincenzo Armanna, grande accusatore di Eni, ritenuto dal Tribunale che ha assolto tutti gli imputati nel troncone principale del processo un avvelenatore di pozzi. Stando alle motivazioni del provvedimento, Storari non avrebbe assunto nessun «comportamento gravemente scorretto» nei confronti del procuratore Francesco Greco e dell'aggiunto Pedio e nessuna accusa nei loro confronti di «inerzia investigativa». Semmai nei colloqui con Piercamillo Davigo, ha espresso preoccupazione «sulle modalità di gestione del procedimento» relativo ai verbali Piero Amara «in presenza di una chiara divergenza di vedute». Storari aveva spiegato le sue ragioni anche a Brescia, dov’è indagato, assieme a Davigo, per rivelazione di segreto d’ufficio. La stessa procura indaga ora anche sul procuratore Francesco Greco, accusato di aver ritardato le indagini sulla “Loggia Ungheria”, nonché l’aggiunto Fabio De Pasquale e il sostituto Sergio Spadaro, accusati di aver omesso alcune prove fondamentali nel processo Eni-Nigeria.  La decisione del disciplinare, ora, appare come una sconfitta di Greco. Che nelle scorse settimane aveva accolto con non poco nervosismo la lettera di solidarietà a Storari firmata praticamente da tutto il suo ufficio, lettera con la quale si escludeva qualsiasi possibilità di incompatibilità ambientale. La serenità degli uffici di procura, stando a quella lettera, non sarebbe stata turbata dalla presenza di Storari. Una dichiarazione limpida, al netto del merito della vicenda, che nasconde tra le righe, però, anche una sorta di sfiducia - seppur formalmente negata - nei confronti di Greco. La reazione del procuratore non si è fatta attendere: «Mentre la magistratura italiana affronta una grave crisi di legittimazione, la nostra procura ha vissuto una grave vicenda di fuga di notizie», aveva replicato via mail ai colleghi, aggiungendo, senza mai nominarlo, che Storari «è ora indagato in sede penale e incolpato in sede disciplinare». E ancora: «Ma altro è difendersi, altro è lanciare gravi ed infondate accuse, dopo essere venuti meno ai più elementari principi di lealtà nei confronti di chi ha la responsabilità di dirigere un ufficio. Per quanto mi riguarda, le tante menzogne, calunnie e diffamazioni sono e saranno attentamente denunciate in tutte le sedi competenti così come tutte le violazioni dell’obbligo che hanno i pubblici ufficiali» di denunciare. Storari, ieri, ha però deciso di non depositare quella lettera - sottoscritta alla fine da 250 magistrati in tutta Italia -, limitandosi a spiegare le proprie ragioni e consegnando anche documenti che proverebbero il suo tentativo di interloquire con i vertici del suo ufficio. Oltre alle indagini penali, rimane aperto il capitolo disciplinare. Nei giorni scorsi diversi magistrati della procura hanno sfilato davanti ai membri della prima Commissione del Csm, ribadendo la propria stima nei confronti del pm e sottolineando di aver appreso del caso verbali solo dalla stampa. Evidenziando, dunque, il silenzio surreale che ha circondato l’intera vicenda.