«Non voglio deroghe ai due mandati, è un nostro principio fondante». Nonostante la scissione e le insistenti voci su possibili eccezioni per i più “meritevoli”, Beppe Grillo non cambia posizione: dopo due giri si torna a casa. Il garante lo dice chiaramente ai parlamentari pentastellati, durante uno dei vari incontri andati in scena in giornata.

Prima di lanciarsi nel suo “discorso motivazionale”, il primo dopo l’addio di Luigi Di Maio, il fondatore abbraccia uno a uno gli eletti rimasti e, secondo quanto ricostruito dall’AdnKronos, chiede ai partecipanti di lasciare il cellulare in un’urna a prova di fughe di notizia. Poi li fa accomodare in cerchio e inizia l’arringa. Grillo sa che ciò che sta per dire potrebbe aprire una disputa sanguinosa tra lui e Giuseppe Conte (che ha bisogno di “salvare” almeno una manciata di fedelissimi) e provocare nuove defezioni tra gli eletti al secondo mandato. Ma il comico sembra comunque intenzionato a non tradire l’ultimo lascito testamentario di Gianroberto Casaleggio ancora in vigore: la politica non è una professione. «Avete avuto un’occasione incredibile, ci vuole entusiasmo», dice l’Elevato alle sue “creature” catapultate dall’anonimato di un tempo ai velluti del Parlamento senza passare nemmeno per l’amministrazione di un condominio. «Se ci credete, non abbandono nessuno. Ma dovete crederci fino in fondo», è la rassicurazione rivolta a chi, anche in caso di deroghe non avrebbe comunque alcuna chance di rientrare nel Palazzo per il clamoroso ridimensionamento elettorale del Movimento e per la riduzione degli scranni disponibili voluta proprio dai grillini.

Gli “scaduti”, ma solo quelli motivati, non saranno dunque lasciati soli, per loro potrebbe esserci un futuro da “professori” nella scuola di formazione pentastellata, sempre che ce ne sarà ancora una da qui al prossimo anno. Un contentino che potrebbe risultare appetibile giusto per chi, una volta uscito dalla politica, non ha una vera occupazione a cui tornare. Ma per i parlamentari che negli anni hanno costruito relazioni e frequentato qualche salotto sarebbe un’elemosina inaccettabile. Figurarsi per i big rimasti con Conte e adesso accompagnati all’uscio. La decisione di Grillo mette infatti nei guai soprattutto l’avvocato, pronto ad andare allo scontro pur di salvare almeno Roberto Fico, Paola Taverna, Alfonso Bonafede, Vito Crimi e Stefano Buffagni.

L’ex premier non può perdere la faccia con chi lo ha sostenuto in questi mesi complicatissimi, ma deve fare i conti anche con i mugugni interni di tutti quei parlamentari che hanno tempestato Grillo di telefonate e messaggi mettendolo in guardia da eventuali distinzioni tra “figli e figliastri”. «Se dobbiamo tornare a casa allora è bene che la regola valga per tutti», si sfoga un deputato al secondo mandato, stanco dei continui tira e molla sulle regole. «Perché ne accontenti 5 e scontenti 50. E dovrei pure essere contento di versare soldi al partito per salvare cinque privilegiati? Meglio lasciare tutto com’è», aggiunge. Devono essere stati discorsi di questo tipo a convincere il garante, inizialmente tentato da qualche concessione, a evitare eccezioni e mettere all’angolo Conte.

E salvo sorprese di oggi, il primo “trombato” dalla tagliola dei due mandati ha già un nome certo: Giancarlo Cancelleri, sottosegretario alle Infrastrutture, ex vice ministro nello stesso dicastero, volto storico del Movimento siciliano per ben due volte candidato alla presidenza della Regione (nel 2012 e nel 2017). Entro il 30 giugno i grillini dovranno proporre un nome - da sottoporre prima alla piattaforma SkyVote - per le primarie del centrosinistra sull’isola.

Il tempo a disposizione è quasi scaduto e Cancelleri, con due consiliature regionali alle spalle e un ruolo di governo arrivato in corsa ( figlio di un’altra forzatura alle regole 5S che impediscono a chi sta onorando un mandato di rinunciarci per altri incarichi) sarebbe fuori dai giochi. «Ma sulle Regionali potrebbe esserci ancora qualche margine», confida un contiano, sperando che oggi possa arrivare una fumata bianca. Ma per quanto Grillo abbia abituato tutti a cambi repentini di linea, è difficile immaginare una nuova sterzata a “U” nel giro di 24 ore. Anche perché la sfida a Conte non si limita alla regola aurea dell’ortodossia, si estende alla direzione politica del partito.

Quando il comico dice ai deputati che il Movimento ha preso un impegno con Mario Draghi e «continuerà a sostenere l’esecutivo» non fa altro che commissariare il presidente del partito, ancora tentato da uno strappo col premier per tornare all’opposizione e sperare di recuperare un po’ di consensi. «Non esco dal governo per un c… di inceneritore», mette in chiaro Grillo, giurando di avere comunque un ottimo rapporto con l’avvocato. Ma l’idillio, c’è da scommettere, sta per trasformarsi in regolamento di conti.