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Eseguire la pena capitale senza neanche un giorno di preavviso è "incostituzionale". Lo sostengono i legali di due detenuti nel braccio della morte in Giappone che hanno fatto causa al governo per la pratica illegale che non consente alla difesa di presentare un appello contro l'ordine di esecuzione. La notifica è stata depositata alla Corte distrettuale di Osaka dagli avvocati delle parti, i quali richiedono 22 milioni di yen di risarcimento, circa 168.000 euro. Precedentemente il ministero della Giustizia giapponese forniva un preavviso ai carcerati sui tempi dell'esecuzione, ma attualmente la comunicazione avviene nello stesso giorno "per evitare di alterarne lo stato psicofisico". I legali affermano che tale prassi avvenga in palese violazione dell'articolo 31 della Costituzione: "nessun cittadino dovrebbe essere privato della propria vita o libertà, e nessuna altra pena penale può essere imposta se non in accordo con le procedure stabilita dalla legge". Il Giappone assieme agli Stati Uniti è l'unico paese del gruppo dei G7 ad applicare la pena capitale, prevista per 13 reati ma - come spiega l'Associazione Nessuno Tocchi Caino - viene comminata di fatto solo per omicidio. La morte avviene tramite impiccagione: i detenuti, incappucciati e bendati, sono messi sopra una botola che poi viene aperta all’improvviso. Dal novembre 1989 al marzo 1993 vi è stata una sospensione di fatto delle esecuzioni, in parte dovuta alla personale contrarietà alla pena di morte dell'allora Ministro della Giustizia. A partire dalla metà degli anni ‘90 si è assistito ad una ripresa della pena di morte con un’accelerazione negli anni 2000.