«Un investigatore ha chiamato la madre di Alexei Navalny un’ora fa e le ha dato un ultimatum. O accetta un funerale segreto senza un addio pubblico entro 3 ore o Alexei sarà sepolto nella colonia» in cui era detenuto e in cui è morto. È quanto fa sapere la portavoce del dissidente, Kira Yarmish. «La donna si è rifiutata di negoziare perché non ha l’autorità di decidere come e dove seppellire suo figlio», ha aggiunto Yarmish, «chiede di rispettare la legge, che obbliga gli investigatori a consegnare il corpo entro due giorni dall’accertamento delle cause della morte. Secondo i documenti medici che ha firmato, questi due giorni scadono domani. Insiste affinché le autorità permettano che il funerale e la cerimonia commemorativa si svolgano secondo le usanze».

La primogenita del dissidente russo Alexei Navalny, Dasha, ha postato su ’X’ una foto che la ritrae bambina in braccio al padre e con la madre Yulia al loro fianco. «Ti amo, ti bacio, ti abbraccio forte e mi manchi moltissimo», ha scritto Dasha che ieri, insieme alla madre, ha incontrato il presidente degli Stati Uniti Joe Biden in California.

La madre di Navalny, Lyudmila Navalnaya, ha potuto vedere il corpo del figlio, a 6 giorni di distanza dalla sua morte nella colonia penale oltre il circolo polare artico in cui era detenuto. Da allora la donna aveva fatto la spola tra il carcere, l’ospedale e gli edifici delle autorità della città di Salekhard, alla ricerca del cadavere di Alexei, il dissidente più temuto da Vladimir Putin. Quando però ha chiesto che il corpo del figlio le fosse consegnato si è sentita rispondere da un ispettore: «Il tempo non è dalla sua parte, il cadavere si sta decomponendo». «Per legge, avrebbero dovuto darmi immediatamente il corpo di Alexei, ma non l’hanno ancora fatto. Invece, mi ricattano e impongono condizioni su dove, quando e come Alexei dovrebbe essere sepolto», ha raccontato la donna in un video-appello, «mi hanno detto che se non accetto un funerale segreto, faranno qualcosa al corpo di mio figlio».

La portavoce di Navalny, Kira Yarmish, ha aggiunto che a Lyudmila Navalnaya è stato mostrato anche un referto medico in cui si attesta la morte del 47enne per «cause naturali». Intanto il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha bollato le richieste di indagini indipendenti sulla morte di Navalny come «isteria» lanciata dall’Occidente, mentre l’ex presidente russo Dmitry Medvedev ha provocato la vedova dell’oppositore, Yulia Navalnaya. «Guardate il volto sorridente e felice della vedova di Navalny.

Sembra che abbia aspettato questo evento per tutti questi anni per svolgere la sua carriera politica», ha scritto sui social. Immediata la replica della donna: «Perché mi difendete da Medvedev, è il nulla. Vi propongono deliberatamente questo idiota perché possiate sfogarvi con lui ma voi scrivete che Putin ha ucciso Alexei, scrivetelo ogni giorno finché avrete la forza». Un acceso botta e risposta è stato scatenato anche dalle parole del presidente degli Stati Uniti Joe Biden che durante una raccolta fondi per la sua campagna elettorale ha definito Putin un «pazzo figlio di puttana». Queste parole sono «una vergogna», è stato il commento del Cremlino che ha descritto il comportamento di Biden come quello di «un cowboy in stile Hoolywood».

Dura anche la reazione della portavoce Maria Zakharova che gli ha ricordato come l’espressione «gli americani la associano meglio a suo figlio Hunter». Putin si è limitato a ribadire la sua preferenza verso Biden rispetto a Trump alla guida degli Stati Uniti, nonostante l’insulto bollato come «becero». Nel frattempo il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha annunciato che la premier, Giorgia Meloni, «si accinge a firmare» un «accordo bilaterale di sicurezza» con l’Ucraina, così come hanno fatto anche altri Paesi. «L’Italia sente forte la responsabilità di marcare in modo solenne il proprio sostegno chiaro a Kiev», ha spiegato Tajani. Anche questo accordo è stato al centro di aspre critiche da parte della Russia che, per bocca del capo del comitato della Duma di Stato per gli affari internazionali, Leonid Slutsky, lo ha declassato a mera propaganda in quanto «non è un documento giuridicamente vincolante e non fornisce garanzie di sostegno politico o militare al regime di Kiev».