"Benissimo quello che si sta facendo ma perchè non copiamo alcuni modelli che stanno funzionando nella cura del virus e nell'utilizzo della tecnologia? In Corea non solo curano e testano, ma tracciano: con il telefonino puoi seguire le singole persone, utilizzare i movimenti delle persone per ridurre i rischi di contagio. Si tratta di cedere la propria privacy, ma stiamo già rinunciando a libertà costituzionali importanti, siamo chiusi in casa". Parola di Matteo Renzi, il quale sembra approvare le misure di contenimento del virus messe in campo da Seul. Le stesse misure che in Europa hanno fatto discutere perché considerate "spionaggio" a tappeto dei contagiati con tracciamento dei cellulari e riconoscimenti facciali. La strategia coreana ha puntato essenzialmente su una campagna di identificazione di tutti i soggetti venuti in contatto con il virus e di contenimento selettivo delle persone invece che delle città come in Cina o in Italia. E sulla possibilità di contenere il virus rinunciando a un pezzo di privacy, interviene anche l'avvocato Andrea Lisi, esperto di diritto digitale e presidente di Anorc Professioni: "non calpesterebbe necessariamente i diritti dei cittadini, perché anche in Europa quello della protezione dei dati personali non è un diritto assoluto, bensì va bilanciato con gli altri diritti fondamentali e in questo caso con quello alla salute, non solo individuale, ma collettiva". Ne è convinto . Secondo quanto spiega Lisi l'attuale regolamento europeo, il 2016/679 Gdpr, "prevede la difesa del diritto fondamentale dell'individuo alla protezione dei dati personali, un diritto che possiamo ritenere oggi indirettamente garantito anche dalla Costituzione, che pero' stabilisce non solo la protezione, ma anche l'adeguata circolazione dei nostri dati personali. Se c'è un'emergenza eccezionale come quella che si vive oggi- continua l'esperto- si entra nella sfera del diritto alla salute che e' altrettanto fondamentale. Quindi in ipotesi eccezionali piu' Stati europei potrebbero in qualche modo ridimensionare il diritto alla protezione dei dati favorendo la circolazione di alcuni dati con delle forme di controllo e garanzia, bilanciandolo cosi' con queste esigenze eccezionali di tutela della salute pubblica" "Per fare una cosa del genere- spiega ancora l'esperto di diritto digitale e presidente di Anorc Professioni- sarebbe opportuno lavorare su una normativa europea specifica e di emergenza che operi quel bilanciamento tra i due diritti, cioe' il diritto alla cosiddetta privacy e il diritto fondamentale alla salute, che potrebbe avere un enorme giovamento nel caso odierno grazie alla verifica degli spostamenti, dei contatti tra persone infette. È chiaro che bisognerebbe stabilire i tempi precisi di questo tracciamento, le modalita', le procedure di sicurezza per garantire che soltanto alcuni specifici autorizzati possano accedere a quei dati e fino a che punto quei dati possono essere esposti senza essere previamente pseudoanonimizzati o anonimizzati. Quindi non possiamo pensare in Europa ad arrivare un controllo generalizzato e pervasivo dei cittadini, pur giustificato dall'emergenza, ma ad un equo bilanciamento tra i diversi diritti in gioco, determinando tempi e modi certi di questa forma di tracciamento e confermandone l'eccezionalita' e le dovute garanzie". "Anche i padri del diritto alla protezione dei dati come Stefano Rodota' e Giovanni Buttarelli- conclude Lisi- non hanno mai pensato al diritto alla privacy come a un diritto assoluto, ricordiamocelo. Oggi stiamo combattendo una guerra e quindi alcune garanzie individuali possono essere compresse, come e' stato del resto con la liberta' di muoversi".