Cosa sia realmente accaduto nella famigerata prigione iraniana di Evin riservata a dissidenti e prigionieri politici, non è ancora chiaro. La notte di sabato scorso una densa colonna di fumo si e alzata dal penitenziario e in molti hanno sospettato che si stesse consumando una carneficina. La censura dei media e l'isolamento dei prigionieri non permette di capire ancora la reale successione dei fatti e al momento resta la ricostruzione delle autorità.

La cosa terribilmente certa e che nel’ incendio o forse nel corso della rivolta che ha provocato le fiamme sono morte almeno otto persone, a quanto sembra uccise dalle esalazioni e dalle bruciature. La magistratura iraniana ha fornito la versione secondo cui l'incendio è divampato in un laboratorio di cucito della prigione dopo una rissa tra detenuti. La tv di Stato invece ha parlato di un piano di fuga premeditato che sarebbe stato sventato dalle forze di sicurezza.

Le versioni ufficiali dunque escludono che quanto accaduto nella prigione della capitale sia collegata alla rivolta che attraversa l Iran da più di un mese dopo le proteste scoppiate per la morte della 22enne Mahsa Amini in custodia della polizia il 16 settembre. La giovane donna della provincia iraniana del Kurdistan era stata arrestata dalla polizia morale del paese per un hijab indossato impropriamente. Disordini che continuano anche se sembrano aver perso la forza iniziale a causa della repressione sanguinosa e delle restrizioni imposte domenica sera e che limitano quasi interamente l'accesso alle reti private virtuali (VPN) che i cittadini usano per organizzare le manifestazioni di piazza.

Il carcere di Evin è tristemente noto perché oltre i detenuti comuni vi sono rinchiusi i prigionieri politici compresi molti di coloro che sono stati arrestati durante le proteste attuali. Le condizioni di detenzione sono state ripetutamente stigmatizzate dai governi occidentali e dai gruppi per i diritti umani e la prigione è stata inserita nella lista nera dal governo degli Stati Uniti nel 2018 per gravi violazioni dei diritti umani.

Proprio per il clima di contestazione che sta vivendo la Repubblica sciita e per la natura “politica” del carcere diversi media indipendenti sono convinti che a Evin sia scoppiata una vera rivolta poi soffocata nel sangue. Alcuni testimoni dall'interno, anche se si tratta di voci non confermate, hanno riportato che sicuramente non sono stati i prigionieri a dare fuoco alla struttura. Si tratta pero di voci isolate raccolte soprattutto tra i parenti dei detenuti che si sono radunati sotto il penitenziario. Voci che hanno anche accennato a spari ed esplosioni che sarebbero stati uditi all'esterno.

In ogni caso le forze di polizia, per negare ogni riferimento a una possibile sollevazione politica, hanno affermato che l'incidente si sarebbe sviluppato all'interno dell'ala che comprende le celle dove sono rinchiusi i detenuti per reati finanziari. Tutti gli otto reclusi deceduti sarebbero invece stati imprigionati per reati legati al furto, secondo la magistratura le famiglie sono state informate ma non è stata rivelata l'identità dei morti. Settanta sono state le persone salvate dalle fiamme mentre altri sei rimangono ricoverati in ospedale in condizioni stabili e in miglioramento.

Lunedì scorso, l'Ue ha imposto sanzioni a undici persone e quattro organizzazioni in Iran, compresa la polizia morale, in risposta alla repressione delle proteste. Il responsabile della politica estera europea Borrel ha detto che la comunità internazionale si aspetta massima trasparenza su ciò che e successo ad Evin in quanto «le autorità iraniane sono responsabili della vita di tutti i detenuti, compresi i difensori dei diritti umani e i cittadini dell'Ue.» Un riferimento non casuale visto che nel carcere si trovano uomini e donne con doppia cittadinanza e a quanto pare anche l'italiana Alessia Piperno, la ragazza arrestata per motivazioni ancora sconosciute in concomitanza con l'esplodere delle manifestazioni di piazza.