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Vladimir Putin
Sono oltre 200mila i cittadini russi che hanno abbandonato il loro paese dall’inizio della guerra in Ucraina. Per lo più appartenenti alle classi medio alte, spaventati dalle conseguenze del conflitto, dalle sanzioni economiche, dall’isolamento internazionale, dal futuro incerto e ombroso che attende la patria. Israele, Turchia, Armenia, Kazhakistan ma anche Estonia e Finlandia le principali destinazioni per i transfughi. Non è una bella notizia per il capo del Cremlino, da anni alle prese con un problema che sembra incapace di fronteggiare e contro il quale qualsiasi provvedimento è stato inefficace. Una delle ossessioni ricorrenti di Vladimir Putin dall’inizio della sua lunga reggenza è stata ed è ancora la lotta al declino demografico della Russia che in 30 anni ha perso oltre 5 milioni di unità, senza contare i territori ceduto dopo il crollo dell’Unione sovietica. Parliamo di una nazione che vanta un territorio sterminato, il più vasto della Terra, ma con una popolazione relativamente modesta (145 milioni, poco più del “piccolo” Giappone) e un tasso di natalità tra i più bassi al mondo, circa del 9,7 per mille (la Francia è all’11,5, gli Usa al 12,3), una vera e propria zavorra per una società che ancora deve completare il suo sviluppo economico e che può contare sempre meno su cittadini in età lavorativa. E la situazione è destinata a peggiorare. Secondo le proiezioni delle Nazioni Unite nel 2040 la popolazione russa scenderà ulteriormente, a 139 milioni di unità, che potrebbero precipitare addirittura a 130 dopo il 2050. Queste cifre saranno senz’altro aggiornate al ribasso perché non tengono conto della guerra in Ucraina e delle inevitabili perdite tra i soldati di Mosca(già diverse migliaia dopo 45 giorni di combattimenti). In questi due anni almeno 900mila persone hanno poi perso la vita nel corso della pandemia di Covid 19, uno dei coefficienti più alti del pianeta. Le blande misure sanitarie disposte dalle autorità sono state ignorate da gran parte dei russi e la campagna per la vaccinazione è andata molto a rilento. Sono diversi i fattori che nel tempo hanno determinato questo crollo della fertilità: l’alto tasso di mortalità maschile dovuto al’elevato consumo di alcool e alle malattie cardiovascolari, agli incidenti stradali (circa 20mila l’anno), alla stagnazione economica, all’aumento dei prezzi e a un generale senso di sfiducia verso l’avvenire suffragato dai fatti. Gli economisti prevedono infatti una caduta del potere d’acquisto del 15% per i mesi a venire. Da quando è al potere Putin e i suoi governi hanno provato a tamponare la falla in tutti modi, lanciando campagne pubbliche per l’incremento della natalità, distribuendo generosi sussidi alle famiglie con oltre un figlio, con risultati scoraggianti. L’unico anno in cui la popolazione è cresciuta è stato il 2014 ma per un fattore del tutto artificiale, ovvero grazie all’annessione della Crimea e dei suoi 2,3 milioni di abitanti russofoni. Il che illumina in modo sinistro l’espansionismo territoriale del Cremlino che, annettendo territori, rallenta il declino demografico. Nell’illusione di poter vincere l’unica guerra in cui le armi e la potenza militare non servono a nulla.