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Roberto D'Alimonte
Roberto D’Alimonte, docente di sistema politico italiano alla Luiss- Guido Carli, spiega che «è impossibile prevedere cosa succederà dentro il M5S nei prossimi mesi» ma che «se la crisi del Movimento si accentuasse e apparisse irreversibile» allora «qualcosa dovrà cambiare» nelle scelte di Enrico Letta riguardo alle alleanze del Pd. Sulla possibilità di un’area Draghi spinta da Carlo Calenda e Matteo Renzi è netto: «Non credo alla possibilità di un accordo serio tra Azione e Italia Viva per una questione di incompatibilità caratteriale tra i due leader - scandisce - e non credo che un terzo polo possa diventare decisivo con l’attuale sistema elettorale a meno che tra oggi e il voto non accadono cose straordinarie».
Professor D’Alimonte, passata la tornata amministrativa ogni partito tira le fila: Pd in testa a livello nazionale, calo vistoso della Lega, sorpassata anche a Nord da Fd’I, M5S quasi irrilevante. Che lettura dà del voto?
Guardando alle vittorie al primo turno nei 142 comuni sopra 15mila elettori i due poli sono in parità: 28 sindaci a testa. Quanto ai voti la lettura dei dati è problematica vista la natura della consultazione. Con molta cautela si può dire che il partito con più voti in percentuale è il Pd; che l’unico partito che ha aumentato i voti in percentuale rispetto all’ultima consultazione nazionale, cioè le europee 2019, è Fd’I; che il M5S è praticamente scomparso, visto che ha preso meno del 3 per cento; che la Lega soffre la concorrenza di Fd’I anche al Nord.
Concentrandoci nel campo largo, Enrico Letta nei prossimi mesi dovrà fare i conti con il calo dei 5S. Pensa che questa influirà sulle prossime decisioni del leader dem?
È difficile prevedere oggi cosa farà il Pd perché è impossibile prevedere cosa succederà dentro il M5S nei prossimi mesi. Non c’è dubbio che il risultato di queste Amministrative sia stato disastroso per il partito di Conte, anche tenendo conto che in questo tipo di consultazione il M5S tende ad andare male. Questa volta il risultato è così brutto da mettere in discussione la stima che fanno i sondaggi nazionali che fino a ieri davano il Movimento ancora intorno al 12- 13 per cento. Mi pare di capire che la leadership del Pd prende tempo e per ora resta ferma sulla strategia del campo largo e della alleanza con Il Movimento. Ma se la crisi del Movimento si accentuasse e apparisse irreversibile qualcosa dovrà cambiare.
Conte sta traghettando verso le Politiche un M5S in vistosa difficoltà, come per sua stessa ammissione. Crede che al leader M5S convenga abbandonare il governo e arrivare al voto da “libero battitore”?
La tentazione è forte, ma sarebbe una mossa tardiva e sbagliata. A beneficiare di una eventuale crisi di governo non sarebbe Conte ma la Meloni. Però la crisi del Movimento mi sembra così violenta e non legata solo all’esito di queste Amministrative che non si può escludere del tutto uno scenario di una sua frantumazione. Se questo si verificasse, ci potrebbe essere un effetto destabilizzante sul governo.
Con il voto e abbiamo assistito al consolidamento di Azione, che assieme a + Europa e, chissà, forse anche a Italia viva, può costituire il cosiddetto terzo polo. La ritiene un’ ipotesi plausibile?
Primo, non credo alla possibilità di un accordo serio tra Azione e Italia Viva per una questione di incompatibilità caratteriale tra Calenda e Renzi. Due galli in un pollaio non fanno un polo. Secondo, vedo molto difficile la creazione di un terzo polo che includa anche pezzi del centro- destra. Potrebbe forse accadere se i sondaggi dicessero che un eventuale terzo polo potrebbe impedire la vittoria di uno dei due poli maggiori e quindi diventare decisivo. E qui vengo al terzo punto. Non credo che un terzo polo possa diventare decisivo con l’attuale sistema elettorale a meno che tra oggi e il voto non accadono cose straordinarie.
Proprio un eventuale terzo polo dovrebbe esserne il perno della cosiddetta area Draghi. Il presidente del Consiglio ha più volte rifiutato, ma quante chance dà alla possibilità che ci sia ancora lui alla guida del prossimo governo?
Poche. Ma se per qualche motivo straordinario le elezioni non dovessero determinare un vincitore con la maggioranza assoluta dei seggi oppure se dopo il voto scoppiasse una grave crisi finanziaria allora le probabilità potrebbero salire. Mi spiego: se Berlusconi, Meloni e Salvini ottengono il 54- 55 per cento dei seggi, come fa a venire fuori una candidatura Draghi, se non legata a una situazione di catastrofe finanziaria e sociale? Meloni non potrebbe mai accettarlo, soprattutto se arrivasse prima nella coalizione perché a quel punto pretenderebbe di diventare presidente del Consiglio. Certo, se non ci fosse una maggioranza chiara e coesa allora si riaprirebbe la partita.