di Michele Usuelli*

È giovedì 27 ottobre, e alle 8 di mattina il porto di Crotone è affollato. Il pattugliatore Frontex ha attraccato con 109 migranti, sulla banchina, gli operatori di Croce Rossa fanno scendere dalla nave una persona alla volta. Ciascuno riceve un braccialetto numerato, chi è scalzo riceve un paio di ciabatte, tutti vengono sottoposti a triage clinico. Dopodiché vengono foto segnalati dalle forze dell’ordine e scompaiono all’interno dei bus che li trasporteranno all’Hotspot/ C. A. R. A. (Centro Accoglienza Richiedenti Asilo) di Crotone. La procedura è abbastanza rapida. Tra un’ora è previsto l’arrivo della nave Diciotti con 650 persone a bordo. Il giorno dopo, ne sarebbero arrivate altre 60.

PEDIATRA, CONSIGLIERE REGIONALE LOMBARDO E, DA 2 SETTIMANE, RESPONSABILE MEDICO DEL CARA DI CROTONE

Mi chiamo Michele Usuelli, sono un medico pediatra e, dal 2018 a oggi, sto vivendo una esperienza politica come consigliere regionale della Lombardia. La Croce Rossa faticava a trovare dottori disponibili a lavorare nel centro accoglienza e così, da due settimane, sono il responsabile medico del Cara di Crotone. Per dare credibilità a un mandato di natura elettiva, ritengo, si debba cercare di toccare con mano le cose di cui ci si occupa nelle aule della politica. Con questo obiettivo, negli ultimi anni, ho gestito un reparto di pediatria e neonatologia in Afghanistan; ho fatto per due volte il medico di bordo sulle navi di ricerca e soccorso nel mar Mediterraneo e, durante la pandemia, ho lavorato in un reparto Covid.

Il 27 ottobre, finito lo sbarco della Frontex, seguo i tre autobus che trasportano i migranti fino all’entrata del Cara. Ufficialmente, questo luogo, avrebbe solamente funzione di Centro Accoglienza per Richiedenti Asilo, ossia quella struttura di prima accoglienza, pensata per ospitare le persone, giunte in Italia illegalmente, che intendano formulare richiesta di protezione internazionale. Un HotSpot, invece, ha una funzione diversa: prendere in carico ( in teoria per brevissimi periodi) tutti i migranti sbarcati per poi procedere all’identificazione, alla raccolta delle impronte digitali e alla registrazione dei dati personali.

In poche parole, quindi, al Cara dovrebbero essere trasferiti migranti da un precedente soggiorno in Hotspot, non direttamente dallo sbarco e, tuttavia, il centro accoglienza di Crotone, funge, in caso di bisogno, anche da Hotspot. Le persone appena sbarcate non hanno diritto di muoversi liberamente. Vengono divisi gli uomini singoli dalle donne/ nuclei familiari per poi essere tutti sostanzialmente chiusi a chiave in grossi capannoni piantonati all’esterno dalla polizia. Alle persone viene fornito cibo, acqua e pannolini per i bambini e, in caso di bisogno, una visita medica e la somministrazione di medicinali da parte dello staff sanitario del campo.

DOPO MESI DALLA RICHIESTA DI PROTEZIONE INTERNAZIONALE SI OTTIENE UN PERMESSO DI SOGGIORNO TEMPORANEO

Dal punto di vista della protezione internazionale, l’iter è già iniziato: al momento stesso dello sbarco, durante la prima identificazione da parte dell’ufficio immigrazione della questura, il migrante manifesta per la prima volta la sua volontà di richiedere protezione internazionale, quasi sempre senza avere alcuna nozione legale di ciò che questo comporti o precluda. Il secondo passo (quello più importante) sarà l’inizio della pratica per l’ottenimento del cosiddetto “modulo C3”: un documento per mezzo del quale il migrante formula ufficialmente domanda di protezione internazionale. La compilazione del modulo avviene presso l’ufficio immigrazione della questura presso il Cara o per chi lo abbandona in qualsiasi questura (ma in quel caso è molto complicato essere ricevuti); il “C3” richiede circa un’ora e il tutto avviene in presenza di un interprete o un mediatore culturale. Dall’inizio della procedura “C3” al suo termine, passano molti mesi e solo a quel punto, la persona riceverà un permesso di soggiorno temporaneo di 6 mesi, rinnovabile fino alla convocazione in commissione territoriale.

Con il modulo “C3” in mano è possibile dopo due mesi iniziare a lavorare legalmente. Fino a quel momento egli non possiede nessun documento. Se soggiorna presso il Cara. ed esce fuori ( come è facoltà degli ospiti adulti, che possono abbandonare il campo la mattina e rientrare la sera), può sempre essere fermato e trattenuto in questura fino al momento in cui se ne accerti lo status. Inoltre, senza questo tipo di documentazione, è impossibile per il migrante lavorare, con la conseguenza che viene alimentata l’illegalità, il mercato nero e il caporalato, essendo un’urgenza indifferibile per il migrante iniziare il prima possibile a ripagare il debito contratto per le ingentissime spese di viaggio nonché per il sostentamento dei propri familiari rimasti nel paese di origine. Un sedicenne afghano mi ha raccontato che il viaggio per lui è costato 12.000 euro, percosse e sevizie incluse.

Per l’ottenimento del modulo “C3”, poi, è necessaria una marca da bollo da 16 euro e una fototessera da 5 (spese non previste dal capitolato di appalto per i centri di accoglienza) che in genere, secondo l’interpretazione delle prefetture, sono a carico del migrante e quindi da sottrarre dal cosiddetto “pocket money”, che ammonta a 2,5 euro al giorno per ciascuno. Sta ai singoli enti gestori dei Cara (come avviene nel virtuoso caso di Crotone) contrattare con la prefettura la possibilità di utilizzare una voce del capitolato di spesa pari a 1,6 pro capite pro die euro per persona, con l’obiettivo di fare fronte a queste spese.

Una volta ottenuto il modulo “C3”, si attende la convocazione da parte della commissione territoriale del richiedente asilo, la quale ( ed anche qui passano molti mesi) è chiamata a esprimersi circa l‘ accettazione o il respingimento della domanda di protezione. Quasi tutti i Paesi di provenienza sono considerati degni di protezione, ad eccezione dei cosiddetti “paesi sicuri” come ad esempio Marocco, Tunisia, Senegal, Ghana ed Egitto coi quali sussistono accordi bilaterali con l’Italia che permettono il rimpatrio.

BISOGNEREBBE FAR FUNZIONARE IN TUTTI I CARA I SERVIZI DI RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE E RICOLLOCAZIONE VOLONTARIA

Questo, dal punto di vista legale, è il viaggio della speranza di chi vorrebbe proseguire la propria vita in Italia. Infine, va segnalato che la retorica del “vengono tutti in Italia” è profondamente menzognera. Vi sono molte tratte e diversi paesi di primo ingresso, ma anche tra chi sbarca in Italia, moltissimi non chiedono la protezione nel nostro Paese e si avviano verso la frontiera a Nord.

Al Cara di Crotone (ed in un Cara in Puglia), è presente EUAA, agenzia della Unione europea che gestisce i ricollocamenti volontari: una quota di migranti provenienti da paesi considerati particolarmente a rischio vengono ricollocati in altri paesi (soprattutto Francia e Germania); EUAA applica anche il trattato di Dublino riguardo ai ricongiungimenti familiari: se hai uno zio in Svezia, lo puoi raggiungere legalmente. Invece del blocco navale, il nuovo governo potrebbe impegnarsi per far funzionare al massimo ed in tutti i Cara i servizi di ricongiungimento familiare e ricollocazione volontaria. Serve però passare da propaganda e retorica della invasione al governo dei fenomeni. Chissà se saranno in grado. (*CONSIGLIERE DELLA REGIONE LOMBARDIA (+ EUROPA)