Entra l’anno nuovo e allo scoccare dei vent’anni del nuovo millennio sembra quanto mai necessario buttare via un poco di vecchiume. Va in soffitta finalmente la vituperata prescrizione. Roba vecchia della quale si farà a meno per sempre con buona pace dei tenaci assertori dei principi liberali, delle garanzie dell’imputato, delle tutele della legalità. I passatisti del diritto se ne faranno una ragione. Il mondo è cambiato e la riforma epocale della prescrizione ne è il segno evidente. Basta con l’imbroglio garantista, d’ora in poi gli errori dei giudici che assolvono i colpevoli, le sviste dei pubblici ministeri che sbagliano imputazioni avranno il loro salvagente, le improvvide impugnazioni congeleranno i destini processuali da qui all’infinito, in una dissolvenza incrociata che salva lo Stato dalle sue vergognose sconfitte. Abolita la prescrizione il tempo sarà come una terra lieve sulla tomba del diritto. Nessuno più ne avvertirà il peso. Anche il più incallito degli azzeccagarbugli prenderà atto del nuovo che avanza e ponendo la sua larga mano sulla spalla dello smarrito condannato gli sconsiglierà vivamente di proporre appello. La sentenza è ingiusta? Chi può dirlo! Meglio una fine nell’ingiustizia che un’ingiustizia senza fine. Aveva ragione Bonafede. La gente aveva bisogno di risposte. E lui intanto una gliene ha data. Una qualunque, magari, ma tagliente come una scure. In mezzo a quel mare di accademici, giuristi, legulei e legisti dalle strambe idee vetero-illuministe (alcuni infilati anche nel suo Ministero…), ha assestato un colpo che fior fiori di Ministri non avevano osato neppure di pensare. Mandando all’aria secoli di pensiero convenzionale e tirandosi fuori da quell’insano groviglio di pandette polverose, ha innalzato al cielo l’ultimo idolo del populismo penale, il finis terrae dell’ingiustizia: l’interruzione della prescrizione. Le nuove ideologie del diritto penale simbolico non si soffermano sulle piccinerie del reale ma guardano ad orizzonti civili più ampi e più profondi. Non all'oggi o al domani ma al sempre. Tutti noi, legati ad una idea terrena della giustizia penale, non abbiamo saputo comprendere l’enormità della conquista, la genialità del pensiero. Diluito nella sua dimensione meta-temporale il processo tenderà infatti a coincidere con l’accettazione del proprio male, con la speranza dell’avvento di un regno futuro, con il realizzarsi dell’evento liberatorio di una apocalisse celeste a seguito della quale gli innocenti risorgeranno e i loro certificati penali saranno salvi... Buon Anno a tutti *già segretario dell'Unione Camere penali italiane