di GIULIA CRIVELLINI* e FEDERICA VALCAUDA**

Il nuovo governo si è formato, con la scelta dei ministeri che non commenteremo in questa sede ma con la certezza che non saranno anni facili per i diritti in questo Paese. Se c’è una realtà oggi nuova è che l’America che inventò il proibizionismo lo sta smantellando pezzo dopo pezzo. L’ultimo importante segnale, prima dei referendum sulla cannabis dell’ 8 novembre che vedranno coinvolti cinque Stati nordamericani, l’ha dato il presidente degli Stati Uniti d’America. Il 7 ottobre, con una proclamazione presidenziale, Joe Biden ha cancellato tutte le condanne federali per possesso di cannabis, sostenendo l’illogicità della reclusione per persone trovate in possesso di questa sostanza.

Negli Stati Uniti, così come in Italia, i detenuti a causa di reati relativi a sostanze stupefacenti sono la maggioranza e la cannabis è la sostanza più perseguita, nonostante ormai sia legale in molti Stati, creando sovraffollamento carcerario e quindi condizioni di detenzione che contrastano con i più basilari diritti della persona.

Alla proclamazione di Biden sono seguite le parole della vicepresidente Kamala Harris, che ha parlato di un cambio di approccio verso il sistema giudiziario, partendo proprio dal cambiamento delle politiche sulla cannabis. Anche il Paese che ha inventato la “war on drugs” prende dunque coscienza dei costi che gravano sulla vita delle persone: i precedenti penali portano barriere relative al lavoro, stigma sociale e iniquità.

Sappiamo che da noi il nuovo governo Meloni difficilmente si avventurerà in azioni di amnistia verso chi ha compiuto reati relativi alla cannabis, ma ricorderemo oggi e nel futuro le parole del nuovo ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che proprio in questi giorni ha detto: «Serve una riduzione dei reati. Va eliminato il pregiudizio che la sicurezza o la buona amministrazione siano tutelate dalle leggi penali».

Se questa affermazione vale, diventa ancora più consistente per quelli che oggi sono reati senza vittima e che non possono essere trattati al pari di altri. Senza dimenticare l’elevato numero di detenuti tossicodipendenti (circa il 30%) che non dovrebbero stare in carcere ma essere avviati a percorsi di sostegno. I prossimi mesi saranno allora cruciali, perché ci diranno se l’esempio che arriva dall’America, anche dopo i referendum delle mid- term, potrà aprire uno spiraglio di pragmatico garantismo in questo nuovo Governo. (* TESORIERA RADICALI ITALIANI ** MEMBRO DI DIREZIONE RADICALI ITALIANI)