Un milione e mezzo di firme raccolte in poche ore; la petizione popolare contro la decisione del premier Boris Johnson di chiudere per 15 giorni le attività parlamentari in un passaggio così cruciale per il Regno Unito che corre verso l’abisso di una Brexit senza accordo,( il no- deal), sta scatenando una vera e propria rivolta oltremanica. «Johnson ha bombardato la Costituzione», scriveva ieri il moderato Financial Times interpretando il sentimento di milioni di cittadini britannici, scioccati dal colpo di mano del premier. Non solo nel campo laburista o tra i sostenitori del “leave”, ma anche nello schieramento conservatore.

Ruth Davidson, leader dei tories in Scozia, si è dimessa ieri dall’incarico che ricopriva da ben otto anni e lo ha fatto in aperta polemica con Johnson. Neomamma dallo scorso ottobre e aspramente critica dell’approccio politico del premier sulla Brexit, la Davidson ha spiegato le sue dimissioni con un comunicato diffuso su Twitter in cui dichiara che per lei «molto è cambiato» sia sul piano politico che personale.

Intanto, oltre alla petizione “monstre” che cresce di ora in ora, si moltiplicano anche le iniziative legali per impedire la sospensione del Parlamento: alle azioni giudiziarie intraprese ain Scozia e in Irlanda del Nord, si è aggiunta Gina Miller, noto avvocato e attivista ed esperta di diritto comunitario che già nel 2016 era riuscita a portare la questione Brexit a essere dibattuta in Parlamento prima che venisse ufficialmente attivata con l’invocazione dell’Articolo 50.

Attaccando il piano «cinico e codardo» di BoJo ( il soprannome del premier), la Miller ha chiesto con urgenza all’Alta Corte una revisione giuridica della sospensione dei lavori parlamentari: «sebbene la pratica sia costituzionalmente accettabile nel Regno Unito, mai nessun premier nella storia moderna ha tentato di usarla in maniera così sfacciata», ha denunciato, parlando di «un giorno nero per la democrazia».

Una simile manovra dimostra quanto «spregiudicati siano divenuti il premier e i suoi consiglieri», ha sottolineato la Miller, secondo la quale Johnson è pronto a «causare un oltraggio costituzionale per far passare la sua agenda ideologica», nella consapevolezza di «mancare dell’autorità legale e morale» per coinvolgere il Parlamento nella decisione e preferendo quindi «cercare di bypassarlo» .