Senza maggioranza per governare, in rotta di collisione con un Parlamento che gli è sempre più ostile, ai ferri corti con l’Unione europea, ma intenzionato a combattere fino all’ultimo per trascinare la Gran Bretagna fuori dall’Europa il 31 ottobre, anche con una “hard- Brexit”, anche con il temuto no- deal, piccola apocalisse per l’economia britannica.

Il premier dimezzato Boris Johnson non negozia più con nessuno, vuole arrivare alle elezioni in poche settimane e riprendere in mano le redini del suo paese in una scommessa che ha i tratti della sfida estrema. Ma non è solo: Ieri ha ricevuto il sostegno dell’alleato americano con la visita londinese del vicepresidente Pence il quale ha ribadito che gli Stati Uniti «sostengono la decisione del Regno Unito di lasciare l’Unione Europea il prima possibile».

Pence ha poi riferito a Johnson un messaggio personale dell’amico Donald Trump, «pronto a negoziare immediatamente un accordo di libero scambio». A quanto riferito da Public Radio, Johnson ha risposto entusiasta: «È fantastico!» e ha auspicato la rimozione delle barriere commerciali ai prodotti britannici, come agnello, manzo e haggis, un insaccato di interiora di pecora tipico scozzese.

Un’intesa atlantica che lusinga ma che non diminuisce l’intensità dello scontro politico sul fronte interno dove da ieri è iniziata “de facto” la campagna elettorale, nonostante solo da lunedì la Camera dei comuni voterà la mozione del governo che chiede le elezioni anticipate che avrà bisogno del via libera due terzi del Parlamento per essere approvata.

Come hanno spiegato fonti governative, la scelta di tentare nuovamente di far passare in aula una mozione per indire elezioni anticipate - pur non essendo riusciti in prima battuta a ottenere l’appoggio delle opposizioni - risiede nel fatto che lunedì molto probabilmente sarà legge la proposta avanzata dal laburista Hilary Benn per evitare una Brexit senza accordo il 31 ottobre.

Proprio questo è stato indicato nei giorni scorsi dal leader laburista Jeremy Corbyn come il passaggio sine qua non prima di tornare alle urne. Da qui il nuovo tentativo dell’esecutivo di Boris Johnson, che spera di riuscire a convincere i laburisti ad appoggiare la mozione ( servono 434 voti). Ma nonostante Corbyn sia tentato, molti nel partito temono questa mossa, perchè non si fidano del premier che potrebbe posticipare la data dopo il 31 ottobre oppure ottenere una maggioranza tale da poter poi abrogare la legge che impedisce il no- deal. In entrambi i casi, si avvererebbe il temuto scenario dell’uscita senza accordo.