Una boccata d’ossigeno per il clan di Jair Bolsonaro. Un momento di tregua per il presidente d’ultradestra del Brasile che governa insieme ai suoi tre figli, via social network, molto più che insieme ai suoi ministri.

Tregua per Bolsonaro Il presidente del Tribunale supremo, Antonio Dias Toffoli, ha deciso di sospendere l’inchiesta avviata nello stato di Rio de Janeiro per malversazione di fondi pubblici, riciclaggio di denaro e organizzazione a delinquere sul senatore Flavio Bolsonaro, 38 anni, primogenito del presidente ( da notare che hanno incarichi elettivi anche gli altri due figli maschi dell’ex poliziotto che ha vinto le elezioni nell’ottobre scorso spacciandosi con successo come un outsider nonostante abbia passato gli ultimi 28 anni in parlamento da deputato).

L’inchiesta sul figlio di Bolsonaro, la prima tegola giudiziaria sulla testa presidenziale, era iniziata prima delle ultime elezioni su richiesta del Consiglio di controllo delle attività finanziarie ( Coaf), un organismo pubblico che monitora i movimenti di denaro sospettati di nascondere attività di riciclaggio.

I poteri dell'Alta corte Il presidente del Supremo brasiliano ha un grande discrezionalità nel decidere se sospendere, con o senza limite di tempo, l’esame dei casi sottoposti al tribunale. E’ uno dei grandi poteri di cui gode l’Alta corte che di fatto ha in mano l’agenda politica al paese.

Toffoli ha deciso di mettere in freezer il caso di Flavio Bolsonaro perché, secondo quanto rivela il quotidiano Estadao, vuole che prima si chiarisca se sono state ottenute lecitamente alcune informazioni alla base dell’indagine, pena il possibile decadimento dell’intera inchiesta.

Si tratterebbe quindi di una cautela, di uno scrupolo per non regalare partita vinta alla difesa di Bolsonaro. Che intanto, comunque, festeggia. La vittoria momentanea, la sospensione dell’inchiesta, conta tantissimo perché è una vittoria sul terreno politico, non giudiziario.

Un nemico dell'ultra destra Il ( per ora) provvidenziale rinvio arriva dall’uomo che, sulla carta, dovrebbe essere il più insidioso nemico del presidente Bolsonaro. La mano tesa viene dall’uomo che, subito dopo la vittoria di Bolsonaro, offrì la Corte suprema come diga contro l’ondata d’ultradestra impersonata dal nuovo presidente della Repubblica.

Lo fece esplicitamente attraverso un articolo pubblicato sul quotidiano spagnolo El Paìs, molto letto in America latina. Quella di Toffoli fu un’iniziativa inedita di cui non esistono precedenti nella storia brasiliana.

Diaz Toffoli, il giudice più importante del Paese, a capo del massimo Tribunale costituzionale, fece così un ingresso clamoroso nello scenario politico rivoluzionato dal trionfo alle presidenziali dell’ex poliziotto, calamita di personaggi di ultima fila della destra più estrema e vincolato al settore meno democratico dell’esercito.

Scelse di proporsi di fatto come garante del rispetto delle libertà democratiche in un’era che si presentava fitta di oscure premesse.

Il fatto che la proposta fosse stata formulata sulle colonne di un giornale internazionale, una tribuna molto in vista e considerata autorevole, fu interpretato dagli osservatori locali come una dichiarazione di guerra.

Il giudice Diaz Toffoli in quell’articolo chiamava la società brasiliana a «un patto tra poteri dello Stato» e faceva riferimento esplicito alla necessità di discutere lo sbandierato piano di “pistola libera” contro ladri e supposti tali, sul quale Bolsonaro s’è giocato, vincendola, la campagna elettorale.

Garanzie e diritti nel Brasile di Bolsonaro Il giudice promette: «La Corte suprema eserciterà un ruolo di moderazione dei conflitti nazionali e garantirà i diritti». Toffoli chiama in causa «con assoluta priorità tutti quelli che, come me, svolgono ruoli che prevedono il potere di deliberare sulle riforme della previdenza e fiscale o che affrontano il tema della sicurezza pubblica».

Il presidente Jair Bolsonaro ha più volte fatto capire che è sua intenzione offrire protezione totale a tutti gli agenti che, in servizio, uccideranno un presunto delinquente. Ha proposto cioè una ampia tolleranza all’uso discrezionale delle armi da fuoco, attività che il suo governo vorrebbe regolamentare il meno possibile.

Il giudice Toffoli indica col suo articolo un limite preciso a questa ed altre simili iniziative del presidente: la Corte suprema è pronta a sollevare dubbi di costituzionalità su qualsiasi norma che dia la licenza di uccidere agli agenti in servizio.

Poiché Toffoli quelle promesse non le ha mai rinnegate, Bolsonaro padre avrebbe, in teoria, ancora molto da temere. Ma il fatto che un processo per lui assai imbarazzante sia stato posticipato forse alle calende greche gli consente di ben sperare.

Economia a rischio Soprattutto perché c’è una delicata questione di conti da tenere in considerazione, Bolsonaro spera molto in un aiuto. Il debito pubblico è passato dal 55,4% del prodotto interno lordo nel 2017 al 77,3% nel 2018. Bolsonaro non può mantenere nemmeno mezza promessa elettorale senza sforare ancora. E la presidenza del Supremo è un posto strategico per vigilare sull’operato anche contabile del governo.