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Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu attends a press conference at the Government Press office in Jerusalem, Wednesday, Sept. 4, 2024. (Abir Sultan/Pool via AP)
Non era propaganda: la guerra di Benjamin Netanyu si è davvero “spostata” verso nord, obiettivo Hezbollah. Con il rischio palpabile di incendiare tutta la regione provocando una reazione a catena dagli effetti tanto imprevedibili quanto potenzialmente devastanti.
Dopo gli attacchi simultanei ai cercapersone e ai walkie talkie che hanno gettato nel panico le milizie sciite, l’aviazione israeliana ha colpito i quartieri a sud di Beirut, roccaforti del “Partito di Dio”.
Ibrahim Aqil, numero due di Hezbollah, è rimasto ucciso nel raid come confermato una fonte del movimento all'Afp. Secondo quanto riferito, insieme ad Aqil, noto anche come Tahsin, sarebbero stati uccisi diversi membri dell'unità di élite Radwan di Hezbollah, mentre partecipavano tutti insieme ad un incontro. Aqil era ricercato dagli Stati Uniti per il suo coinvolgimento negli attentati all'ambasciata americana e alla caserma dei marines americani avvenuti a Beirut nel lontano 1983.
Nel complesso, è di almeno 9 i morti accertati e 59 feriti - di cui 8 in condizioni critiche, il bilancio aggiornato dal ministero della Salute libanese dopo i bombardamenti. Tra le vittime, ci sarebbero anche cinque bambini. I bombardamenti della capitale libanese preoccupano anche gli alleati americani tanto che la Casa Bianca si è irritata per non essere stata avvertita.
Quello contro l'alto comandante di Hezbollah è il terzo raid aereo condotto dalle Forze di difesa israeliane (Idf) a Beirut dall'inizio della guerra contro Hamas nella Striscia di Gaza dopo i massacri del 7 ottobre. All’attacco Hezbollah ha risposto con il lancio dell'ennesima salva di razzi Katyusha contro una base dell'intelligence israeliana.
Negli ultimi undici mesi, la continua escalation delle violenze tra Hezbollah e Israele, ha fatto temere lo scoppio di un conflitto generalizzato con un teatro di guerra che potrebbe coinvolgere la Striscia di Gaza e la parte meridionale del Libano. E questa volta la sensazione generale è che si e vicini veramente a un punto di non ritorno. Le dichiarazioni di giovedì scorso da parte del leader Nasrallah, per la prima volta non hanno escluso la possibilità di un'invasione di terra da parte israeliana. Anzi, già durante la prima ondata di esplosioni simultanee dei cercapersone, sembra che Hezbollah si aspettasse che i carri armati israeliani entrassero nel sud del Libano. Uno scenario complicatissimo come da sempre è stato quello libanese, pantano da cui lo Stato ebraico è spesso uscito sconfitto o comunque ridimensionando le proprie ambizioni militari nonostante la netta superiorità militare e tecnologica rispetto ai suoi avversari.
L'attacco mette ora Hezbollah di fronte a una scelta: assorbire un altro colpo o intensificare la risposta innescando quella “guerra totale” che il partito di Dio dice di non cercare. Fino ad ora infatti è sembrato che Hezbollah volesse mantenere il conflitto su un livello sopportabile con una precisa strategia: colpire a distanza con lanci di razzi in modo da distrarre le risorse militari israeliane a nord e aumentare la pressione sul governo Netanyahu per porre fine all'assalto a Gaza. Hezbollah è stato disposto a fare sacrifici per mantenere in piedi questa equazione, perdendo centinaia di suoi uomini al fronte. Ma Israele sta ora espandendo i parametri del conflitto. Hezbollah ha sempre detto che i civili e Beirut, compresa Dahiyeh, sono una linea rossa. Tuttavia, non ha reagito in modo proporzionato all'assassinio del comandante Fuad Shukr lo scorso il 31 luglio, che ha provocato anche vittime incolpevoli. Shukr era considerato il responsabile della strage al campo da calcio di Majdal Shams nella quale pochi giorni prima avevamo perso la vita 12 bambini drusi. Con l’uccisione di Ibrahim Aqil il pericolo che vada perduta anche questa proporzione è più che concreto.