Certo, non sarà la soluzione definitiva, ma l’idea del sottosegretario Delmastro di dare l’opportunità ai detenuti tossicodipendenti di andare in una comunità di recupero ha il pregio di una “riduzione” del danno, il merito di affrontare in modo pragmatico e rapido la sciagura del sovraffollamento carcerario.

E forse anche quella dei suicidi. Anche perché abbiamo ancora ben scolpito nella mente il dato drammatico dello scorso anno, quando 84 persone decisero di togliersi la vita: parliamo di un morto ogni 670 detenuti. Sono numeri terrificanti che di solito non interessano a nessuno. E per trovarne di simili dobbiamo tornare indietro di 13 anni, al 2009, quando i suicidi in carcere furono 72. Insomma, è una strage che va avanti da anni, decenni.

E i più fragili, i più esposti, sono proprio i detenuti tossicodipendenti, costretti a vivere la loro dipendenza nella dialettica inutile e dannosa colpa-pena. Offrire loro un’opportunità di recupero non solo risponde in pieno all’articolo 27 della Costituzione che fa della rieducazione la pietra angolare del nostro sistema carcerario, ma consente anche di rendere quelle celle luoghi appena-appena più vivibili e umani. Che non è tutto ma è molto. Soprattutto per chi è lì dentro. Insomma, oggi sarebbe bene portare a casa questa legge. Per tutto il resto continueremo a parlarne dal giorno dopo...