Il caso, in politica, non esiste. E dunque non è un caso, non può esserlo, il fatto che Donald Trump — sì, proprio lui, il clown apocalittico del potere — sia l’artefice di una pace in Medio Oriente.

E non è un caso – no, neanche qui può essere un caso – la recita di una sinistra italiana che da mesi veste gli abiti dell’anima bella: il candore indignato, la liturgia dei cortei e delle bandiere; tutto al posto giusto, tutto senza rischio. La verità è che da anni, la sinistra, non pensa una soluzione, non formula un piano. Preferisce la coreografia alla strategia, la piazza al negoziato, la firma sugli appelli alla fatica del compromesso. È una sinistra che ha smarrito la bussola riformista e si accontenta di giudicare il mondo invece di provare a cambiarlo. Non governa più i conflitti, li cavalca.

Bisogna dirlo senza giri di parole: la sinistra italiana ha scelto di non essere più una forza di governo. È diventata un movimento d’opinione, un collettivo che preferisce aver ragione piuttosto che governare il mondo.

E il Pd di Elly Schlein incarna alla perfezione questa vocazione alla sterilità. La sua estetica della purezza, la diffidenza verso tutto ciò che somiglia a un compromesso la rendono il miglior alleato di Giorgia Meloni. L’avversario ideale, l’assicurazione sulla vita della premier.

Meloni lo sa, lo capisce, e ogni giorno la legittima: Schlein è la “rivale” perfetta e il suo Pd non la insidia, piuttosto la completa.

Convinti che la radicalità equivalga alla coerenza, i dem hanno sostituito il governo con il gesto, la politica con l’identità, il riformismo con la posa. Hanno scelto la purezza invece del potere, la testimonianza invece della “responsabilità”.

E così hanno tradito la loro stessa missione. E allora non è un caso, non può esserlo, che a fare la pace sia stato Trump, l’amico americano di Meloni…