A Rigopiano c'è un colpevole certo, chiaro: è il processo mediatico. È un mostro generato dall’intreccio perverso di giornali e procure, un Leviatano che guida e condiziona il dibattito pubblico sul caso giudiziario del momento, che chiede pene esemplari e infine condanna.

Il tutto, naturalmente, senza mai passare per un'aula di tribunale - già, a che serve - e fottendosene del "parere" del giudice, la cui presenza è chiamata solo a confermare la sentenza decisa nei salotti tv e nei paginoni della stampa amica.

Ma a Rigopiano, come in altre occasioni, qualcosa è andato storto. Il giudice ha ignorato le pressioni del mostro mediatico-giudiziario e ha deciso di assolvere 25 dei 30 imputati. E così è finito anche lui sul banco degli imputati, insieme agli avvocati difensori, naturalmente, trattati quest’ultimi alla stregua di complici.

Accusati di ostacolare la ricerca della verità e di aiutare i “colpevoli” a farla franca, giudici e avvocati sono le vittime collaterali del processo mediatico. Poi c’è una terza categoria di vittime, ed è quella dei familiari - padri, madri, figli - di chi è stato travolto da quella slavina. Il mostro ha dato loro l’illusione che la giustizia fosse la ricerca del colpevole a tutti i costi, di qualcuno da spedire in galera. Per questo hanno vissuto quelle assoluzioni come una intollerabile ingiustizia.

Parafrasando il Pasolini della critica alla società dei consumi, anch’essa generata dalla Tv, potremmo dire che neanche la monumentalità reazionaria della Giustizia fascista, è riuscita a fare ciò che ha fatto il processo mediatico nel nostro stato democratico. Certo, il fascismo ha sospeso libertà, diritti, garanzie, ma non è mai riuscito a costruire un mostro parallelo in grado di mutare il dna stesso della giurisdizione nata all’interno di un modello democratico. Insomma, la brutalità della giustizia fascista è morta con lui. La pervicacia del processo mediatico ha invece l’aspetto di una mutazione genetica irreversibile: cambia surrettiziamente le regole del gioco dando l'impressione di rispettare il diritto. Per questo è più pericoloso: perché è più subdolo e passa come una ruspa su secoli di storia, di garanzie conquistate con grande fatica.