Nessun depistaggio: la procura di Venezia ha chiesto l'archiviazione dell'inchiesta aperta dopo la denuncia presentata da Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per il delitto di Yara Gambirasio scomparsa il 26 novembre del 2010 da Brembate di Sopra e ritrovata senza vita il 26 febbraio del 2011. Lo riporta l'edizione veneta online del Corriere della Sera. Sul registro degli indagati, per il reato di frode in processo e depistaggio, sono finiti di recente il presidente della Prima sezione penale del tribunale di Bergamo, Giovanni Petillo, e la funzionaria responsabile dell’Ufficio corpi di reato, Laura Epis. Il fascicolo era stato aperto dal procuratore aggiunto Adelchi D’Ippolito, in quanto Venezia è competente per le inchieste che coinvolgono i magistrati bergamaschi. E ora è lo stesso magistrato a chiedere al giudice di archiviare le accuse, perché né le verifiche svolte né i testimoni sentiti, hanno fatto emergere la prova che da parte degli indagati ci sia mai stata la volontà di distruggere o danneggiare quei 54 campioni di Dna trovati sulla 13enne, e che hanno costituito la prova regina che ha permesso agli investigatori di risolvere il caso arrivando, dopo anni di indagini, ad attribuire quel profilo genetico a Bossetti. La difesa del condannato - il muratore di Mapello si è sempre dichiarato innocente - da tempo chiede di poter esaminare i reperti con l’obiettivo di ottenere la revisione del processo. Negli ultimi due anni c'è stato un rimpallo tra Cassazione e Appello che non ha mai portato a una posizione chiara rispetto alla possibilità o meno di effettuare nuovi test. Lo scorso 7 aprile la Suprema Corte ha rimandato ancora una volta la questione nelle mani di Bergamo, ritenendo ammissibili i due ricorsi con i quali gli avvocati di Bossetti chiedono di prendere visione delle prove e di conoscerne lo stato di conservazione. Il timore dei difensori, gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, è che la cattiva conservazione della traccia genetica possa aver cancellato ogni possibilità di dimostrare l'innocenza del proprio assistito.