Intanto va detto che Marta Cartabia ha studiato bene le tappe. Ieri ha lasciato che si consumasse la gara di fuochi pirotecnici fra partiti, cioè la corsa agli emendamenti. Ebbene, le proposte di modifica al ddl penale depositate sono 718. Non una quisquilia, se si pensa che una quota notevole, 76, proviene da Pd e M5S, pilastri della maggioranza in cui era guardasigilli Bonafede, autore del testo base. Ora, è inutile girarci intorno: la prescrizione resta l’epitome del conflitto. Tutte le forze politiche hanno depositato ipotesi per modificarla. Ma appunto la ministra non resterà a guardare. Perciò, la settimana prossima celebrerà un vertice di maggioranza che, fanno sapere da via Arenula, terrà in conto non solo le proposte parlamentari ma pure quelle degli esperti ministeriali, coordinati da Giorgio Lattanzi, che a loro volta «si accingono a concludere i lavori». Alla riunione, i “tecnici” illustreranno le loro idee ai partiti, le confronteranno con gli emendamenti depositati ieri in commissione Giustizia a Montecitorio. Da lì, la guardasigilli trarrà le proprie personali conclusioni e deciderà quali modifiche presentare a nome del governo. In altre parole, formalizzerà la “sintesi”.

E poi, dopo, si passerà alle votazioni, che in teoria sarebbero in calendario già la settimana prossima ma che dovrebbero slittare un po’. Sembra una quadriglia. Ma è il minimo dell’arabesco necessario. Provateci voi a trovare una mediazione fra i seguenti punti. Da una parte ci sono le forze del cosiddetto schieramento garantista, che propongono più o meno tutte il superamento della norma Bonafede sulla prescrizione, da Forza Italia a Italia viva. Lucia Annibali, capogruppo renziana in commissione, ipotizza un inatteso compromesso: far slittare lo stop all’estinzione del reato a dopo la sentenza d’appello. Ma la Lega di fatto sopprime il blocca- prescrizione pentastellato, come pure Azione, of course. Come noto il Pd si è sforzato di disegnare un equilibrio sottilissimo, che ha tutta l’aria di potersi candidare alla soluzione preferita dalla ministra: norma Bonafdede intonsa, perché così non si corre il rischio che muoiano quei processi in cui il reato si scopre così tardi da veder divorata la prescrizione ancor prima che inizi l’indagine, ma via libera a una “prescrizione processuale” delicatissima. Che per i condannati in primo grado scatta sì, in appello, ma solo dopo un termine più lungo di quello indicati da Bonafede come tempo limite di fase. Termine più lungo che, si badi, non è neppure enunciato: sarebbe Cartabia a doverlo precisare nei decreti attuativi...

Ora però, per capire come siamo messi, si pensi che il M5s risponde con una simpatica minaccia: cari garantisti se forzate la mano, «la nostra posizione sarà quella di sopprimere il lodo Conte bis, così rimarrà in vigore la legge sulla prescrizione così com’è. Cioè interruzione dopo la sentenza primo grado». Spauracchio risibile? Cartabia non vuole ridere di nessuno. Casomai, si pensi che il sempre armatissimo Enrico Costa ( Azione) somma al ripristino della prescrizione del reato “ante Bonafede” l’inedita prescrizione processuale.

Cartabia dovrà fare sintesi. Certo che dovrà. E non potrà ignorare interessanti idee su altri passaggi della riforma. Ad esempio il dem Carmelo Miceli propone «l’improcedibilità», cioè la prescrizione processuale, persino nella fase delle indagini preliminari, se il pm non esercita l’azione nonostante l’istanza acceleratoria dell’indagato. Tante cose ottime sulla presunzione d’innocenza da FI ( no a foto dei pm- star sui giornali) e da Costa, che impone pure l’interrogatorio prima e non dopo la custodia in carcere in modo che quest’ultima non diventi un ricatto. Da Forza Italia «giuste rivendicazioni delle nostre antiche battaglie», come le chiama Zanettin, incluso il divieto di ricorso del pm sull’imputato assolto in primo grado, perché si deve «evitare la pena “eterna” nei confronti di chi si è visto liberare da ogni addebito in un processo rispettoso del contraddittorio».

E per fortuna c’è anche chi si ricorda delle tante obiezioni sollevate in audizione dall’avvocatura. E il caso della deputata di Cambiamo! Manuela Gagliardi, che propone di cancellare la norma per cui le notificazioni successive alla prima vengono scaricate direttamente sul difensore in via telematica. E, soprattutto, quella secondo cui «il difensore può impugnare la sentenza solo se munito di specifico mandato, rilasciato successivamente alla pronuncia». Un’implicita offesa alla correttezza deontologica dei penalisti, offesa giustamente censurata da Gagliardi.

Bene. Però alla fine tanto si può fare solo se si trova la formula magica sulla prescrizione. Cartabia ha approntato un rito. Ma alla fine ci vorrà un colpo da maestro, per pacificare i convenuti.