«Tutti, a partire dalla requisitoria del sostituto procuratore, hanno parlato di trattativa. Però signori giudici, voi tutti, mi riferisco in particolar modo ai giudici popolari, dovete sapere che l’oggetto di questo reato non è la trattativa, ma è la minaccia al governo e nessuno, compreso il procuratore generale, ne ha mai fatto cenno». Così ha esordito nell’arringa durata tre ore, l’avvocato Basilio Milio, il difensore di Mario Mori, al processo trattativa Stato mafia oramai alle battute finali. Il colloquio tra gli ex Ros e Ciancimino portato a conoscenza della procura nel 1993 Un incipit importante, perché mai nessuno ha messo in discussione l’avvenuto colloquio investigativo tra gli ex Ros e l’allora don Vito Ciancimino. Colloquio riservato per riuscire ad arrivare ai latitanti di Cosa Nostra. Colloquio che è stato portato a conoscenza nel 1993 quando arrivò Gian Carlo Caselli come nuovo capo della procura di Palermo al posto di Pietro Giammanco. E già da allora si usò la parola “trattativa”, nel senso che si stava trattando con Ciancimino. Nulla di oscuro. Quest’ultimo, come ha ben spiegato l’avvocata Federica Folli, legale del medico Antonino Cinà, aveva pensato a sé stesso. Ciancimino pensava, anche bluffando, di ottenere vantaggi su sé stesso visto che era imputato per mafia. Per l'avvocato Milio i documenti costituiscono la prova della non avvenuta minaccia al corpo politico dello Sato Ma l’avvocato Basilio Milio, ha appunto ricordato che il reato per il quale il generale Mario Mori è imputato, è “minaccia al corpo politico dello Stato”. Ed è partito da lì, per spiegare passo dopo passo, che non c’è una sola prova che la minaccia al governo sia avvenuta. Non solo. Secondo l’avvocato Milio, i documenti, verbali acquisiti dalla Corte d’Assise d’Appello presieduta dal giudice Angelo Pellino, costituiscono la prova della non avvenuta minaccia. Ciancimino non parla mai con i Ros della spaccatura tra Riina e Provenzano La tesi trattativa Stato mafia, in sintesi, dice che tra Riina e Provenzano c’era stata una spaccatura. Per questo i Ros hanno poi trattato con Provenzano per far arrestare Riina. In cambio lo Stato avrebbe contraccambiato con vari favori.  «Siamo sicuri che Vito Ciancimino e Salvatore Cancemi abbiano detto a Mori che vi era una spaccatura tra Riina Provenzano?», si chiede l’avvocato Basilio Milio. «La risposta è no! Anzi, siamo sicuri del contrario! – prosegue l’avvocato - Vito Ciancimino non parla mai con i carabinieri né di Riina né di Provenzano e né di spaccature. Salvatore Cancemi dice anche qualcosa di più: il 22 luglio 93, lo sapete che dice ai magistrati che lo interrogano?  Provenzano vuole sequestrare e uccidere il capitano Ultimo perché aveva arrestato Riina!». Mafia-appalti causa dell'accelerazione della strage di Via D’Amelio Un punto importante, perché, come ricorda l’avvocato Basilio, la sentenza di primo grado non riporta tutto ciò. Perché? «Altrimenti non si sarebbero potuti dare 12 anni al generale Mori!». Ma è solo uno dei tanti punti che l’avvocato ha decostruito e reso chiarezza. Gran parte della sua arringa è stata dedicata al movente mafia appalti come causa dell’accelerazione della strage di Via D’Amelio. Una ricostruzione lineare, piena di colpi di scena, grazie alla tanta documentazione, compreso le prove sopravvenute che ha chiesto alla Corte di acquisire. «Voi giudici popolari – continua l’avvocato - nel momento in cui sarete in camera di consiglio per decidere, ricordatevi che ora siete i colleghi di Borsellino e spero che ricorderete di queste mie parole».  Confida che ristabiliscano la verità. «Non solo per i Ros, ma anche per Falcone e Borsellino che sono morti per combattere seriamente la mafia». Non le entità, non gli ectoplasmi, ma, come ha ricordato l’avvocato Basilio, «quel connubio tra imprese nazionali, mafia e politica». Quello sì, che è indicibile e singolarmente tenuto nascosto all’opinione pubblica.