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Concretizzare le linee di lavoro e collaborazione tra l’amministrazione penitenziaria e l’Ordine degli Psicologi. Valorizzare l’apporto e la presenza della professione psicologica nelle carceri, ampliare l’offerta organica e qualificata delle prestazioni psicologiche per detenuti e personale, aggiornare e valorizzare le modalità di selezione ed impiego degli psicologi esperti e migliorare la presenza dei servizi psicologici del Ssn.
Questo il compito del tavolo di lavoro congiunto tra il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) e il consiglio nazionale dell’ordine degli psicologi (Cnop) che si è insediato alla presenza del Capo de Dap Giovanni Russo e del Presidente Cnop David Lazzari accompagnato da Donatella Fiaschi, Ilaria Garosi, Daniela Pajardi, e Giorgia Zara.
L’obiettivo generale è quello di valorizzare l’apporto e la presenza della professione psicologica nel contesto carcerario, “sia nei ruoli esistenti che in nuovi ruoli” ed in particolare “ampliare l’offerta organica e qualificata delle prestazioni psicologiche” per i detenuti ed il personale, aggiornare e valorizzare le modalità di selezione ed impiego degli psicologi esperti ex art. 80, migliorare la presenza dei servizi psicologici del Ssn.
Il capo dipartimento Dap Giovanni Russo ha evidenziato l’importanza di questo lavoro per le esigenze dell’amministrazione e la volontà di dare concretezza agli obiettivi concordati. “Le premesse sono importanti e chiare e devono segnare una svolta nella presenza e collaborazione tra la professione e mondo delle carceri” ha sottolineato nell’incontro il presidente Lazzari.
Resta il fatto che, tuttora, La psicologia nel contesto carcerario è una realtà indispensabile ma ampiamente sottovalutata e sottoutilizzata. Non utilizzare gli strumenti che può offrire, al personale e ai detenuti, presente, di fatto, un’arretratezza culturale e operativa. Ancora è presente il bisogno di un rafforzamento di questa presenza ma anche di assegnargli un ruolo appropriato, in linea con le più avanzate esperienze internazionali.
“Bisogna ricordarsi che prevenire è fondamentale anche in carcere, che la riduzione dello stress e la gestione dei conflitti richiedono competenze specifiche”, ha sottolineato il presidente Cnop David Lazzari all’indomani della notizia sui pestaggi avvenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere.
Nell’ambito penitenziario, tre istituzioni si interfacciano al fine di definire le modalità di esecuzione delle pene e di metterle in atto: il Tribunale di Sorveglianza, le strutture detentive e gli Uffici di Esecuzione Penale Esterna. Queste istituzioni interloquiscono costantemente con i servizi per la salute mentale e i servizi per il trattamento delle dipendenze. Il mandato sociale che fonda i rapporti tra questi enti e servizi è dato dall’art. 27 della Costituzione che sancisce la funzione rieducativa della pena “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso d’umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Gli psicologi sono presenti, con funzioni differenti, in ciascuna di queste istituzioni/ servizi.
Negli istituti penitenziari e negli UEPE lavorano psicologi esperti ex art. 80 O. P. che operano con incarico affidato dall’amministrazione penitenziaria oppure dall’UEPE. In molti istituti penitenziari sono presenti anche psicologi afferenti al SSN (servizi per le dipendenze e per la salute mentale) o del privato sociale.
L’intervento psicologico nel sistema penitenziario, sia durante la detenzione nella struttura carceraria, sia durante le misure alternative alla detenzione, richiede elevata professionalità e risponde al principio di individualizzazione del trattamento penitenziario. Gli psicologi, pertanto, all’interno del sistema penitenziario svolgono una serie di attività finalizzate a definire il programma di trattamento penitenziario più consono al singolo condannato.
Per fare tutto ciò, è importante il lavoro di equipe con le altre figure professionali. Però emerge un problema. La figura dello psicologo in carcere, non ha il numero di ore né gli strumenti adeguati. In più gli psicologi esperti ex art. 80 hanno un numero di ore così esiguo che non resta tempo per lavorare sul trattamento oltre che sull’osservazione e spesso nemmeno per lavorare in maniera integrata con i loro colleghi dei servizi sanitari. Problema che ha trovato l’apice nella regione Sicilia.
L’ufficio del Garante Nazionale, nel corso del 2021, è stato subissato di richieste mancato intervento rivolto ai detenuti. Tra le maggiori criticità continua a rientrare, in particolare, l’insufficiente disponibilità di psichiatri e di psicologi, essendo molto rilevante anche negli istituti siciliani il numero dei soggetti, sia in custodia cautelare, sia condannati, che soffrono di patologie psichiatricamente rilevanti o comunque di disturbi di personalità nonché di disagi psichici di varia natura.
Le aziende sanitarie locali dovrebbero assicurare un costante sostegno psichiatrico e psicologico, con la predisposizione di programmi riabilitativi. Nell’ultima relazione al parlamento, il Garante fa anche l’esempio del carcere di Perugia dove sono impiegati dalla USL psicologi per un monte di 30 ore settimanali, e psichiatri per 15 ore (dato riferito a dicembre 2020), a fronte di oltre 163 soggetti in osservazione/ terapia psichiatrica che, in queste condizioni, non può che essere semplicemente di tipo contenitivo- farmacologica. Addirittura, nell’istituto ternano non è stata garantita per almeno un anno, la presenza in istituto di specialisti, con ulteriori evidenti ripercussioni in termini di continuità terapeutica.
Resta il fatto che, come si legge nel rapporto di Antigone del 2019, la media nazionale delle ore di presenza settimanale di psicologi ogni 100 detenuti, è di 13,5. Significa che, virtualmente, lo psicologo dedica al singolo detenuto intorno agli 8 minuti settimanali. Si tratta di numeri che devono far riflettere sull’efficacia dell’intervento terapeutico e riabilitativo in un contesto peculiare come quello penitenziario e su quanto il mancato o insufficiente intervento dei professionisti della salute mentale rischi di scaricare il problema sulle altre figure che vivono e lavorano in carcere, dagli educatori, al personale di sicurezza ai compagni di detenzione. Ma da qualche tempo, si è aperto uno spiraglio almeno per la polizia penitenziaria. Di recente vari provveditorati hanno aperto i bandi di procedura per la selezione di professionisti per Supporto Psicologico rivolto agli agenti. Bandi scaturiti dalla circolare 4 febbraio del 2022 n. 035776 e ss. della Direzione Generale del Personale che ha fornito le linee guida per l’elaborazione dei progetti finalizzati al supporto psicologico. Questo perché, dovrebbero essere stanziate più risorse in tal senso.