Dodici anni di reclusione per omicidio preterintenzionale ai carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro in relazione al pestaggio subito da Stefano Cucchi la sera del 15 ottobre 2009 nella caserma della compagnia Casilina. Lo ha deciso la quinta sezione penale della Cassazione dopo 5 ore di camera di consiglio, riducendo quindi di un anno la pena inflitta loro in appello. Riduzione dovuta alla decisione della Suprema Corte di annullare senza rinvio la sentenza d’appello (con la quale erano stati inflitti loro 13 anni) limitatamente al punto in cui aveva escluso le attenuanti generiche. Nuovo processo invece per Roberto Mandolini e Francesco Tedesco, i due carabinieri accusati di falso. Quattro anni erano stati inflitti in appello al maresciallo Roberto Mandolini, per aver coperto quanto accaduto, e due anni e mezzo a Francesco Tedesco che, inizialmente imputato per il pestaggio, durante il processo di primo grado aveva denunciato i suoi colleghi diventando un teste chiave dall’accusa. I reati andranno prescritti a maggio. Ora, dopo il deposito delle motivazioni della Cassazione, che stasera ha annullato con rinvio la sentenza d’appello nei loro confronti, gli atti relativi alle loro posizioni saranno trasmessi di nuovo alla Corte d’assise d’appello della Capitale che, in diversa composizione, dovrà riesaminarli. «A questo punto possiamo mettere la parola fine su questa prima parte del processo sull’omicidio di Stefano. Possiamo dire che è stato ucciso di botte, che giustizia è stata fatta nei confronti di coloro che ce l’hanno portato via. Devo ringraziare tante persone, il mio pensiero in questo momento va ai miei genitori che di tutto questo si sono ammalati e non possono essere con noi, va ai miei avvocati Fabio Anselmo e Stefano Maccioni e un grande grazie al dottor Giovanni Musarò che ci ha portato fin qui», ha commentato la sorella Ilaria Cucchi. «Finalmente è arrivata giustizia dopo tanti anni almeno nei confronti di chi ha picchiato Stefano causandone la morte», le parole di Rita Calore, madre di Stefano Cucchi, riportate dal suo legale Stefano Maccioni.

«Violenza ingiustificata e sproporzionata», le motivazioni della sentenza d'appello

Nelle motivazioni della sentenza dello scorso 7 maggio - con cui sono stati condannati a 13 anni per omicidio preterintenzionale i due carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro - i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Roma hanno parlato di un’aggressione «ingiustificata e sproporzionata». «La vittima è colpita con reiterate azioni ingiustificate e sproporzionate – hanno scritto i giudici -, rispetto al tentativo dell’arrestato di colpire il pubblico ufficiale con un gesto solo figurativo inserito in un contesto di insulti reciproci inizialmente intercorsi dal carabiniere Di Bernardo e l’arrestato, che, nel dato contesto esprime il semplice rifiuto di sottoporsi al fotosegnalamento». Per i giudici di Appello «può ritenersi accertata la sproporzione tra l’alterco insorto tra Di Bernardo e Cucchi rispetto alla portata dell’aggressione da quest’ultimo patita alla quale partecipò D’Alessandro». «Le violente modalità con cui è stato consumato il pestaggio ai danni dell’arrestato, gracile nella struttura fisica, esprimono una modalità dell’azione che ha trasnodato la semplice intenzione di reagire alla mera resistenza opposta dall’arrestato alla esecuzione del foto segnalamento», si legge nella sentenza. In secondo grado è stato condannato inoltre a quattro anni per falso il carabiniere Roberto Mandolini ed è stata confermata la condanna per lo stesso reato a due anni e mezzo per Francesco Tedesco, il militare che con le sue dichiarazioni ha fatto luce sul pestaggio avvenuto nella caserma Casilina la notte dell’arresto. In primo grado, il 14 novembre 2019 la prima Corte d’Assise di Roma aveva condannato a 12 anni di carcere i due carabinieri accusati del pestaggio, Di Bernardo e D’Alessandro riconoscendo che fu omicidio preterintenzionale, come sostenuto dal pm Giovanni Musarò. Era stato assolto invece «per non aver commesso il fatto» per questa accusa Francesco Tedesco. Per lui era rimasta la condanna a due anni e mezzo per falso. Per la stessa accusa era stato condannato a tre anni e otto mesi il maresciallo Roberto Mandolini, all’epoca dei fatti comandante della stazione Appia.

Il processo sui depistaggi

In settimana, giovedì, è attesa anche la sentenza del processo sui presunti depistaggi sul caso, che vede imputati altri otto carabinieri accusati, a vario titolo, di reati che vanno dal falso, all’omessa denuncia, la calunnia e il favoreggiamento: si tratta del generale Alessandro Casarsa, che nel 2009 era alla guida del gruppo Roma, il colonnello Lorenzo Sabatino, ex capo del Reparto operativo della capitale, Massimiliano Labriola Colombo, ex comandante della stazione di Tor Sapienza, dove Cucchi venne portato dopo il pestaggio, Francesco Di Sano, che a Tor Sapienza era in servizio quando arrivò il geometra, Francesco Cavallo all’epoca dei fatti capufficio del comando del Gruppo carabinieri Roma, il maggiore Luciano Soligo, ex comandante della compagnia Talenti Montesacro, Tiziano Testarmata, ex comandante della quarta sezione del nucleo investigativo, e il carabiniere Luca De Ciani.

I fatti

Stefano Cucchi venne arrestato 15 ottobre del 2009 in via Lemonia, a ridosso del parco degli Acquedotti, perché sorpreso con 28 grammi di hashish e qualche grammo di cocaina. La mattina successiva, nell’udienza del processo per direttissima, il 31enne aveva difficoltà a camminare e parlare e mostrava evidenti ematomi agli occhi e al volto che non erano presenti la sera prima. Venne rinchiuso nel carcere di Regina Coeli, ma le sue condizioni di salute peggiorarono rapidamente e, il 17, venne trasportato all’ospedale Fatebenefratelli per essere visitato. Chiaro il referto: lesioni ed ecchimosi alle gambe e al viso, frattura della mascella, emorragia alla vescica, lesioni al torace e due fratture alla colonna vertebrale. I medici ne chiesero il ricovero che lui rifiutò, tanto da essere rimandato in carcere per poi essere ricoverato di nuovo, presso l’ospedale Sandro Pertini, dove morì il 22 ottobre.