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Vladimir Putin
La guerra in Ucraina ha attivato la giustizia internazionale e i leader mondiali confidano che faccia il suo corso. Se all’inizio dell’invasione russa il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, definì Putin un “killer”, ieri, dopo il bombardamento della scuola di Mariupol, è andato giù più duro e lo ha considerato un “criminale di guerra”. «Putin – ha detto - sta infliggendo devastazione e orrore, bombardando appartamenti e reparti di maternità. Queste sono atrocità, un oltraggio per il mondo». Parole inequivocabili, usate non a caso, che indicano la chiara intenzione, qualora sarà possibile, di portare il padre-padrone della Russia al cospetto di un Tribunale internazionale. A chiederlo da settimane sono i giuristi ucraini. Avvocati e magistrati del Paese invaso dalle truppe russe e martirizzato dall’aviazione di Mosca chiedono un Tribunale speciale, sull’esperienza di Norimberga, da insediare a Kharkiv, la città che ha subito terribili devastazioni. La Corte penale internazionale, organo giurisdizionale indipendente e permanente, è al lavoro dal primo giorno di guerra. Sarà chiamata a processare le persone accusate dei più gravi reati che generano allarme e preoccupazione a livello internazionale, come il genocidio, i crimini contro l’umanità e i crimini di guerra. Il Procuratore della Cpi, Karim Khan (avvocato britannico esperto in diritti umani) ha assicurato massimo impegno, affinché «le indagini siano condotte in modo obiettivo e indipendente, nel pieno rispetto del principio di complementarità». Inoltre, ha rivolto un appello a tutti coloro che sono coinvolti nelle ostilità in Ucraina, chiedendo un rigoroso rispetto «delle norme applicabili del diritto internazionale umanitario». Lo scorso 16 marzo si è recato in Ucraina e Polonia. Il viaggio ha permesso al Prosecutor Khan di valutare personalmente la situazione sul campo, di incontrare le comunità colpite e di accelerare il lavoro di indagine con il coinvolgimento di tutte le controparti nazionali. «Durante la mia visita – ha commentato – ho avuto l'opportunità di incontrare le persone costrette a fuggire dell’Ucraina. I racconti che ho sentito da uomini, donne e bambini hanno accresciuto la mia preoccupazione per l'impatto di questa situazione sulla popolazione civile. Desidero inviare un messaggio chiaro a tutti coloro che partecipano alle ostilità. Se gli attacchi sono diretti intenzionalmente contro la popolazione civile, questo è un reato che il mio Ufficio può indagare e perseguire. Se gli attacchi sono diretti intenzionalmente contro strutture civili, compresi gli ospedali, questo è un reato che il mio Ufficio può indagare e perseguire». Un altro passaggio del Procuratore della Cpi è stato molto esplicito. «Coloro che prendono parte alle ostilità – ha aggiunto -, siano forze armate regolari, milizie o gruppi di autodifesa, devono sapere che indossando l'uniforme o portando le armi non sono esonerati da responsabilità, anzi assumono ulteriori obblighi. Per coloro che non agiscono in conformità con il diritto internazionale umanitario il mio Ufficio ha il potere di agire per garantire che gli autori di crimini internazionali siano ritenuti colpevoli in conformità con lo Statuto di Roma. Stiamo già raccogliendo prove per raggiungere questo obiettivo e credo che la mia visita in Ucraina rafforzerà tale lavoro. La Cpi lavorerà sempre in modo coerente con i principi fondanti dello Statuto di Roma, con indipendenza, imparzialità e integrità». Dall’Aia, sede della Corte penale internazionale, è stata inoltre inviata alla Federazione Russa una richiesta formale di incontrare Putin. «Rientra – ha rilevato Khan – tra le prerogative del mandato del mio Ufficio. Ritengo fondamentale che la Federazione Russa si impegni attivamente in merito alle indagini in corso e sono pronto a incontrare i suoi rappresentanti. La mia visita in Ucraina ha anche sottolineato l'importante compito che dobbiamo affrontare per garantire che tutte le prove raccolte vengano utilizzate nelle nostre indagini». Un altro organo giurisdizionale direttamente impegnato è la Corte internazionale di Giustizia, anch’essa con sede all’Aia (Olanda) ed istituita dalla Carta delle Nazioni Unite. Il suo ruolo è quello di definire, in base al diritto internazionale, le controversie giuridiche ad essa sottoposte dagli Stati e di fornire pareri su questioni giuridiche provenienti dagli organi delle Nazioni Unite e dalle agenzie specializzate. Il 16 marzo la Cig ha ordinato, con tredici voti a favore e due contrari, di sospendere subito le operazioni militari in Ucraina. «La Russia – spiega l’avvocato Ezechia Paolo Reale, segretario generale del Siracusa International Institute for Criminal Justice and Human Rights - ha più volte giustificato il proprio intervento armato in Ucraina fondandolo sul diritto di auto-difesa delle popolazioni del Donbass nel cui territorio le forze governative ucraine, sin dal 2014, avrebbero intrapreso una sistematica azione finalizzata al genocidio della popolazione di lingua russa. L’Ucraina ha chiesto alla Corte internazionale di Giustizia di verificare che nel Donbass non è mai stato in corso alcun genocidio e che, in ogni caso, la Convenzione sul genocidio non consente che uno Stato aggredisca militarmente un altro Stato per porre fine ad azioni che esso stesso qualifica come genocidio. In attesa di affrontare il merito del giudizio, la Corte, valutando come non gli fosse stata fornita dalla Russia alcuna prova dell’asserito genocidio verificatosi nel Donbass e come il protrarsi dell’aggressione militare russa produrrebbe un pregiudizio irreparabile alle ragioni sostenute dall’Ucraina, ha emesso nei confronti della Russia l’ordine cautelare di sospendere immediatamente le operazioni militari». Continuare a bombardare e a radere al suolo le città aggrava la posizione della Russia. «La prosecuzione delle operazioni militari – conclude Reale - la pone, quindi, da oggi in una situazione di grave inadempimento alle obbligazioni assunte con la comunità internazionale di rispettare ed eseguire le decisioni della Corte Internazionale di Giustizia. Quale possa essere la reazione della comunità internazionale a tale violazione non è allo stato prevedibile, ma certamente tale decisione costituisce un innegabile supporto agli interventi diretti e indiretti in favore dell’Ucraina, che da oggi trovano una precisa giustificazione sul piano del diritto internazionale».