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È trascorso esattamente un anno e un giorno da quel maledetto 14 aprile 2021, quando l'ex dirigente del Miur, Giovanna Boda, si gettò dalla finestra dello studio dell'avvocato Paola Severino, dopo aver visto il suo nome infangato e la sua reputazione devastata sulla stampa, a seguito di una indagine per corruzione. Da allora diversi interventi chirurgici, una lunga riabilitazione, ma l'uscita dal quel tunnel buio è lontana. La donna è ancora immobilizzata a letto e rischia l'amputazione della gamba. Ma forse a far più male è l'ennesimo voyeurismo che l'ha riportata all'attenzione della cronaca in questi giorni. Per questo oggi, tramite il suo avvocato Giuseppe Rossodivita, si difende dalle accuse e chiede silenzio e rispetto verso una dolorosa vicenda umana e giudiziaria. «Nonostante la nuova legge sulla cosiddetta presunzione d’innocenza rafforzata - ci dice il suo legale - continuano ad essere pubblicati e raccontati, in termini di approdi giudiziari, quelli che sono solo atti delle indagini preliminari che dovranno essere sottoposti al vaglio dibattimentale. È quanto accaduto in questi giorni in ordine ai verbali di dichiarazioni rese nell’ambito dell’indagine della Procura di Roma sul MIUR, che hanno iniziato a girare per le redazioni dei giornali. Un vergognoso gossip mediatico-giudiziario il cui cinismo è semplicemente non commentabile». La donna, ci racconta sempre l'avvocato, «versa in gravi e complesse condizioni di salute e non è in grado di rispondere allo stillicidio giornalistico di atti d’indagine che, letti atomisticamente, restituiscono una verità assai lontana da quanto si è effettivamente verificato. I reati sono fatti di corpo e anima, di condotte e di comportamenti, ma anche di corretta rappresentazione delle condotte e del quadro in cui le stesse si inseriscono con le necessarie consapevolezze». Boda nello specifico è accusata di corruzione propria e non è sottoposta ad alcuna misura cautelare. Le indagini non sono ancora concluse. In questi giorni la stampa ha riacceso appunto i riflettori sulla vicenda pubblicando sia stralci degli interrogatori dell' ex assistente della Boda, Valentina Franco, sia dettagliando i rapporti dell'ex dirigente con Federico Bianchi di Castelbianco, già editore dell'agenzia di stampa Dire, ai domiciliari in quanto ritenuto dalla procura di Roma il presunto corruttore. Lui avrebbe dato soldi, benefit e utilità alla donna in cambio di affidamenti diretti ad alcune sue società. »Il rapporto di conoscenza, sviluppatosi col tempo in una relazione di profonda amicizia e fiducia che la dr.ssa Boda ha concesso al dott. Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta, è assai risalente nel tempo, - spiega sempre Rossodivita - ma gli inquirenti hanno trovato “utilità” di vario genere e natura, riferibile solo agli ultimi due anni, in un periodo di grandissima fragilità psichica della dr.ssa Boda, di cui il Dott. Bianchi di Castelbianco era a conoscenza, quale suo confidente e amico psicoterapeuta e che per questo si offriva quale supporto in un periodo estremamente complicato della vita personale e professionale della dr.ssa Boda. Ciò nonostante è possibile affermare con certezza che non una sola gara, tra quelle bandite dalle migliaia di stazioni appaltanti/istituti scolastici sparsi per lo stivale (non si tratta di bandi del MIUR per quanto così rappresentato dalla stampa) è stata vinta dai soggetti imprenditoriali riconducibili al Bianchi di Castelbianco per effetto di una qualsiasi condotta propria e consapevole della dr.ssa Boda». Secondo l'avvocato "proprio in ragione di questa fragilità psichica, determinata da obiettivi, documentabili e documentati, problemi di salute, la dr.ssa Boda - in seguito alla perquisizione della Guardia di Finanza e alla lettura di articoli di giornale che prontamente la raccontavano senza alcuna attenzione alla presunzione d’innocenza – ha compiuto l’insano gesto che tutti conoscono. Da allora la dr.ssa Boda è stesa nel suo letto, in un continuo andirivieni dagli ospedali, è sottoposta ad una forte terapia farmacologica e i medici stanno tentando di evitarle in ogni modo l'amputazione di una gamba». Il procedimento penale farà il suo corso ma la dottoressa Boda, tramite il suo legale «chiede alla stampa, ai giornalisti, a coloro che gli ”passano” gli atti, solo alcuni, ed agli editori, rispetto per la presunzione d'innocenza - che sarà dimostrata se e quando la dr.ssa Boda sarà in grado di partecipare con profitto alla sua effettiva difesa - e per la sua dolorosa vicenda umana», conclude Rossodivita.